Zău (letteralmente “davvero”, “veramente”) è il capitolo conclusivo, oltre che di una trilogia, di un progetto musicale intero. I rumeni Negură Bunget infatti, in seguito alla morte del carismatico batterista e fondatore Gabriel “Negru” Mafa, decidono di chiudere la loro esperienza rilasciando un ultimo album, a conclusione della “Trilogia Transilvana” già iniziata con i capitoli precedenti Tău e Zi. Rielaborando alcune tracce di batteria registrate dallo stesso Negru negli anni precedenti, i componenti dei Negură decidono quindi di confezionare, un po’ in omaggio al defunto batterista, un po’ per chiudere degnamente il percorso, un disco che non smuove particolarmente la cifra stilistica dell’ensemble rumena, ma che probabilmente per i fan della band ha un significato molto profondo e che vale la pena ascoltare.
Il contenuto di Zău è riassunto benissimo nell’opener “Brad”, che condensa un po’ tutto il percorso dei “nuovi” Negură Bunget, dilatati, eterei e più folk/progressive rispetto ai più ruvidi esordi. Nei suoi quasi sedici minuti il brano ci offre sostanzialmente l’anima del progetto, che danza tra fiati pagani, atmosfere tipiche di un rituale svoltosi attorno ad un fuoco e rarefatte spruzzate black metal. Stessa ricetta, sostanzialmente, per “Iarba Fiarelor”, che si trasforma da avvolgente ed esoterica a solenne muro sonoro, scandito da pesanti riff e tappeti di tastiera molto lenti nell’incedere, ma non stupefacenti. Il riffing poderoso viene esplicitato bene nella successiva “Obrăzar”, interessante nel suo climax culminante in blast-beat dai toni molto epici. Il seguito del disco è più o meno della stessa fattura e come detto non brilla di eccessiva fantasia: le atmosfere create da “Tinerețe Fără Bătrânețe” e dalla conclusiva “Toacă Din Cer” sono palesemente sincere ma forse un po’ distanti e poco incisive, soprattutto considerando di cosa è stata capace la band in passato, in termini evocativi ed emozionali.
L’epilogo del percorso Negură Bunget è stato tragico, e probabilmente non ci si poteva aspettare un disco postumo di grandissimo livello. Non tanto perché non ci fossero le potenzialità, affatto, ma perché può essere molto difficile ricamare un vestito su un’idea creata da una persona che non c’è più. Non ci sentiamo quindi di dare delle grosse colpe ai Nostri anche perché, come detto, il disco ricalca sostanzialmente lo stile degli ultimi dischi della band, non aggiungendo né togliendo niente. Sarebbe stato un errore attendersi qualcosa di simile a Om o Vîrstele Pămîntului. Cerchiamo invece di goderci il percorso del gruppo rumeno nella sua interezza, tra alti e bassi, cercando di raggiungerne l’essenza e l’anima, qualità che ai Negură Bunget non sono mai mancate.
(Lupus Lounge, 2021)
1. Brad
2. Iarba Fiarelor
3. Obrăzar
4. Tinerețe Fără bătrânețe
5. Toacă Din Cer