Da veterani quali sono i componenti dei Northwoods era lecito aspettarsi un salto di qualità tra il già pur ottimo omonimo ep d’esordio di due anni fa e questo fiammante nuovissimo full length. Felici perciò di notificarvi l’attesa delle aspettative. Non che tra i due lavori occorra chissà quale enorme scarto in termini di scrittura ma il trio di Perugia si incattivisce, se possibile, ancora di più, crescendo in potenza e migliorando la resa dei suoni.
Uscito per Mother Ship, Brigante e Shove, che riesce incredibilmente a mettere lo zampino in ogni uscita italiana di qualità, Wasteland, con un artwork che è una concessione di un foto di proprietà della NASA, tiene fede all’immaginario dei Northwoods tutto fatto di nucleare, guerra fredda ed esplorazioni spaziali oltre che, concettualmente, di viscerale amore per l’ignoto che qui si traduce, con il filtro di una citazione di Conrad (“Future is a Shadow Line”), in futuro. E se ammettiamo che il titolo dell’album in qualche modo abbia a che fare con quell’ostico poemetto di T.S.Eliot, allora desumiamo che l’ignoto dei Northwoods è a un tempo meta di fuga dalla terra desolata e oggetto di quest ma è anche un rifiuto dei tempi tramite la narrazione di un’auspicabile ucronia. Musicalmente, basti dire a chi non li conoscesse già che le coordinate entro cui si muovono i Northwoods sono quelle di un certo noisecore e mathcore tracciate da band come Unsane, Botch e Converge, sebbene mi sembra che abbiano qui, più che in passato, un maggiore occhio di riguardo per la lezione dei Dillinger Escape Plan. Wasteland è un assalto caotico, rumoroso, con un riffing sbilenco e allucinato, arrugginito, una sessione ritmica chirurgica affidata alle selvagge virate della batteria e a un basso dall’alto peso specifico che guida i classici rallentamenti malati noisecore. Ma Wasteland non è solo tonnellate di schiaffoni di quella violenza splendidamente ignorante e fieramente genuina di chi la sa lunga, dato che i Northwoods ci ammaliano anche con illusorie aperture (“Asylum”), percorse però da raffiche di vento radioattive, da una tensione convergiana che gli permette anche di affrontare altri tipi di approcci e scrittura, rimanendo pur sempre bruti e taglienti, come in “Detachment”, un viaggio in cui viene data più attenzione a dei momenti di distensione e alleggerimento che aiutano alla creazione di una stupenda dinamica interna. Il momento più cupo è decisamente “City 40” che col suo incedere noisecore contorto e strisciante disegna un paesaggio grigio come il vecchio cemento di un opificio dismesso.
Gran lavoro quello dei Northwoods, pesante, l’abbiamo detto, ma che, grazie a un intelligente minutaggio sostenibile, scivola via senza problemi. Probabilmente una delle uscite italiane più interessanti dell’anno.
(Mother Ship Records, Brigante Records, Shove Records, 2018)
1.Ground Zero
2.Moebius
3.City 40
4.Asylum
5.Strenght Path FBK
6.Future Is A Shadow Line
7.Detachment
8.The Witness