Avevamo lasciato gli Oh Hiroshima nel 2019 con Oscillation, un album che ci aveva convinto a metà, complice il suo status di successore dell’immenso In Silence We Yearn, un vero monumento alla musica triste. La band post-rock svedese ritorna in questo marzo 2022 con Myriad, pubblicato ancora una volta da Napalm Records, e, tra un cambio di formazione – l’abbandono del bassista, che riduce la formazione a un duo – e una significativa pandemia, ha evidentemente avuto modo di rivedere e raffinare qualche spigolo del disco precedente, trovando una nuova quadratura, in un album che, lo diciamo subito, è pienamente riuscito.
Alcune parole che scriveremo qui le potete trovare nella recensione di Oscillation, perché sì, al netto di ogni rivisitazione, gli Oh Hiroshima godono già da anni di un suono del tutto personale e riconoscibile, che qui non è stato stravolto. L’etichetta di post-rock sta stretta oggi come prima, sia per via dell’uso regolare della voce, che è un punto fisso della band, come per le strutture semplici e legate alla forma canzone, che possono ricondurre all’alternative rock tanto quanto allo shoegaze. Una novità sostanziale, però, già evidente dai primi secondi del disco, è una presenza massiccia di tastiere, synth e tutto un arsenale di fiati e archi (probabilmente anch’essi synth, dato che non vi sono strumentisti accreditati) che impregnano il suono di una grandeur differente da quella solita del post-rock, tutta delay e crescendo. Anzi, le strutture sono quadrate, quasi marziali, sorrette dai mid-tempo della batteria dritta e percussiva di Oskar Nilsson, sulla quale Jakob Hemström va a erigere una serie di grattacieli sonori, in una musica che pare appunto svilupparsi in altezza piuttosto che larghezza. I singoli episodi sono tutti godibili e in più parti piuttosto entusiasmanti – praticamente in tutti i momenti in cui entrano delle bordate cosmiche di ottoni, come i viaggioni sci-fi di “Humane” e “Veil Of Certainty”, forse la traccia migliore, le pennellate shoegaze di “Ascension” tra Slowdive e Klimt1918, o ancora il violino malinconico di “Hidden Chamber” che chiude la tracklist. A voler trovare un paio di riferimenti generici, per concludere, potremmo citare Cult Of Luna, pg. lost e A Swarm Of The Sun, quasi a voler circoscrivere una maniera tutta svedese di guardare al post-rock.
Insomma, gli Oh Hiroshima con questo Myriad hanno proprio centrato il colpo: i brani funzionano, restano impressi e si evolvono all’ascolto, i suoni – mastering, manco a dirlo, di Magnus Lindberg – sono parecchio intriganti, mai patinati, anzi talvolta avvertiamo un piacevole sentore di clipping (è il caso soprattutto della batteria); l’album nel suo complesso gira benissimo, è emozionante, fresco, coinvolgente. Assolutamente consigliato a tutti gli amanti del genere, e non solo.
(Napalm Records, 2022)
1. Nour
2. Veil Of Certainty
3. All Things Pass
4. Ascension
5. Humane
6. Tundra
7. Hidden Chamber