Mettiamola così, forse c’è ancora modo di sapersi esprimere senza per forza ricordare roba già sentita in maniera esagerata. Death On A Pale Horse degli Opera Diabolicus riesce a fare questo, però…
Al giorno d’oggi risulta sempre più difficile sentire band che suonano un genere puro e incontaminato. Gli Opera Diabolicus non fanno eccezione, loro sono bravi a fare quello che fanno, questa commistione molto teatrale di un doom metal caro a gente come gli Apostle of Solitude (vorrei dire Candlemass, ma no, non siamo a quei livelli) imbastardito con tanto prog rock settantiano. La proposta di questo duo svedese non è nulla di particolare, ma senza dubbio lascia ascoltarsi con piacere. i pezzi riescono a essere abbastanza vari e colorati, dotati di una vena teatrale non indifferente, creano una bella atmosfera che sa di epico e di drammatico, un clima che si rompe rovinosamente con l’ingresso sempre abbastanza forzato, ma gradito degli assoli di tastiera. Comunque il bello della musica qua dentro è che la dinamicità del tutto è notevole, non è remota la possibilità che la band si nutra quotidianamente di metal e musical allo stesso tempo e che le opere di Shakespeare siano le loro letture da gabinetto (nel senso che qualunque momento è buono). Pezzi come “Second Coming” e “Darkest Doom on the Brightest of Days” sono lì a dimostrazione di quanto questa band non solo abbia una enorme conoscenza di come si faccia del metal con influenze colte, ma anche come renderlo interessante: tramite il gioco, la voce che sembra non appartenere mai alla stessa persona, i riff di chitarra ispirati e in costante evoluzione. Ma quello che più colpisce è la lunghezza dei brani, non si avverte, non che siano lunghissimi per carità, il più lungo dura più o meno dieci minuti, ma la musica è viva e viaggia da una parte e dall’altra senza una meta, arriva dappertutto senza farsi nessun tipo di problema. Però, in tutti questi pregi, c’è un leggero difetto. Non tutto funziona, nel senso che per quanto tutto questo sia incredibilmente interessante sia per quanto riguarda la vena melodica e il palese background musicale della band, i pezzi non sono memorabili ecco, non so dire esattamente cosa, ma c’è qualcosa che non va nella scrittura, l’esecuzione è impeccabile, certo, e sulla carta questa dovrebbe essere roba veramente bella, ma non ci riesce a colpire l’ascoltatore, potrebbe benissimo essere un problema della voce, ma non vorrei arrischiarmi a fare una simile dichiarazione, mettiamola così…
È un gran bel album se si è fan del genere, ma contiene molti elementi per non farsi apprezzare da un pubblico che non ama particolarmente questo tipo di sonorità. Ma credo comunque che gli Opera Diabolicus siano una band molto personale, che riesce in un periodo in cui tutto è già stato scritto e risultare abbastanza originali e questo non è da sottovalutare.
(Season of Mist, 2021)
1. Listen Everybody
2. Bring Out Your Dead
3. Second Coming
4. Siren’s Call
5. Darkest Doom on the Brightest of Days
6. A Song of Detestation
7. Little Sister
8. Night Demon
9. At Nighttime
7.0