Sean Kratz torna a deliziare le nostre orecchie in questo 2023, ad un paio di anni di distanza dal precedente Stave, con un nuovo parto in casa Osi and the Jupiter dal titolo Cedar and Sage: Riders of the Gallows Vol. 1. Stavolta il Nostro fa le cose in grande, invitando una serie di ospiti che vanno ad aggiungere il loro personale tocco alla musica del Musicista, e prevedendo anche una versione deluxe con un disco bonus dal titolo Songs from the Grave (B-sides and Covers), su cui torneremo più avanti. Sin dal 2016, anno del debutto Halls of the Wolf, Osi and the Jupiter ci ha abituato a un delicato (appalachian) folk di stampo tipicamente americano, un country polveroso, ispirato, totalmente dedito alla Natura e a tutte le sue emanazioni. Solo in un paio di situazioni (con Uthuling Hyl e Nordlige Rúnaskog) il Nostro ha varcato l’oceano accasandosi momentaneamente in terra norrena e aprendo il proprio ventaglio musicale a sperimentazioni quasi totalmente elettroniche e ambient: elementi che sono comunque sempre stati presenti nelle sue sonorità, e che hanno avuto ruolo da protagonista proprio in questi due lavori. Poi nel 2020 la svolta, esce l’EP Appalachia, e il ritorno al folk è definitivo, con un’opera ispirata ed evocativa che di fatto ha dato il La al già citato Stave, con un processo evolutivo che può dirsi sublimato con il presente lavoro, a nostro avviso forse il suo migliore.
In Cedar and Sage: Riders of the Gallows Vol. 1 Kratz esplora il ciclo vitale di nascita, morte e resurrezione, ci parla degli Spiriti, come un moderno sciamano cerca modi per mettersi in contatto con loro contando anche sull’aiuto della Natura, perenne forza propulsiva di tutta la sua poetica. E riesce a tradurre il tutto in undici brani che odorano di bosco, di pioggia, di cedro e salvia (bianca aggiungiamo noi, quella più aromatica e dal forte potere purificante). Canzoni polverose, cariche di emotività e dall’indubbia capacità di coinvolgere l’ascoltatore e di trasportarlo lontano, tra le montagne, i fiumi e le foreste tanto care al Nostro. E corregge il tiro nei (pochi) punti nei quali Stave forse barcollava un po’, ossia certe parentesi strumentali alla lunga un po’ fini a sé stesse: Cedar and Sage: Riders of the Gallows Vol. 1 ne contiene solo una, “Out of the Darkness and into the Fire”, ed è un fulgido esempio di unione perfetta tra folk, synth, ambient e un vago sentore quasi celtico che ammanta il tutto nei cinque ipnotici minuti di durata della canzone.
Il mood generale è malinconico e carico di ritualità, e l’iniziale “Devoured Sun” è un valido biglietto da visita grazie al contributo di Michal Krča (Nemuer, qui alla voce e talharpa), per poi trovarsi subito a casa (per chi era abituato alle sonorità di Appalachia) con “Afterlight”, brano a suo modo solare e ottimistico che conquista con un crescendo tanto intimo quanto universale nel suo essere così cullante e rassicurante. Shawn Haché (Tithe/Night Profound) presta la sua vocalità profonda in “Abyssal Woods” e il suo flauto nella successiva “Cedar and Sage”, due momenti opposti in quanto ad atmosfere e modalità di arrivare al cuore dell’ascoltatore, più tribale la prima, più dolce e soffusa la seconda. “The Old Ones Speak Through the Trees” esemplifica il concept dietro all’intero disco, ossia il ruolo centrale della Natura quale ponte tra questo mondo e l’aldilà: il supporto di Joy Shannon come seconda voce (che interviene peraltro anche in altri pezzi) ha un ruolo chiave nell’arricchire una canzone che, seppur affascinante, porta con sé un riffing forse già sentito altrove nell’operato di Osi and the Jupiter. A seguire “Deathflower” (di nuovo con Shawn Haché alla voce e flauto), “Trails That Hold “ (arricchita dal banjo di Paul Martin che ricorda tanto il Panopticon più acustico ed intimo), “Unto these Hills” e la già citata “Out of the Darkness and into the Fire”, per poi chiudere in bellezza con due perle di grande intensità. La prima è “Hollowed” con alla voce un ispiratissimo Erik Moggridge (Aerial Ruin), il quale riesce a donare ad una canzone minimale ed eterea un sapore dolce, nostalgico, che sa di preghiera e di riconciliazione con chi non è più tra di noi (non dissimile a molte cose dei Novemthree): quasi sei minuti che riempiono il cuore di emozioni, in maniera affine a quanto accade poi con la successiva “The Wilder We Were”. Qui il padrone di casa è Dan Capp (Wolcensmen), e il brano si tinge dei brumosi colori che i fan dell’Artista inglese conoscono bene: una voce calda, potente, chiara, per un momento di gran lirismo, inaspettato come il sole che di punto in bianco squarcia delle nubi scure illuminando le valli e i prati verdi sottostanti.
Songs from the Grave (B-sides and Covers), come dice il titolo stesso, è un bonus disc composto da cover di band o Artisti che hanno formato musicalmente Kratz, ed è allo stesso tempo anche un omaggio che il Nostro intende fare loro (e a suo padre, da sempre sua ispirazione principale e in questo caso anche chitarra solista in due brani originali scritti proprio per questa occasione). David Gilmour, Johnny Cash, Danzig, Neil Young e Townes Van Zandt sono i Musicisti rievocati in questo mini album, appendice piacevole e in fin dei conti in linea con il tema del ricordo e dell’omaggio che aleggia un po’ in tutto il disco principale.
Lo ripetiamo, Cedar and Sage: Riders of the Gallows Vol. 1 è a parere nostro il miglior lavoro finora fatto da Osi and the Jupiter. Riprendendo sonorità passate, avvalendosi di validi contributi esterni e facendo leva su un’ispirazione viva e potente, Sean Kratz muove e commuove, e il cuore che mette in queste undici tracce è chiaramente percepibile. Musica di spirito e sangue, che siamo certi saprà catturarvi e non vi lascerà andare tanto facilmente.
(Eisenwald Records, 2023)
1. Devoured Sun (feat. Nemuer)
2. Afterlight
3. Abyssal Woods (feat. Tithe)
4. Cedar and Sage
5. The Old Ones Speak Through the Trees
6. Deathflower (Hunter of the Night)
7. Trails That Hold
8. Unto These Hills
9. Out of the Darkness and into the Fire
10. Hollowed (feat. Aerial Ruin)
11. The Wilder We Were (feat. Wolcensmen)