Durante il corso di laurea in Storia dell’Arte lessi un bel libro che aveva come concetto fondamentale la mancanza di fonti di “paesaggi sonori” nel corso dei secoli. Delle epoche passate sappiamo tutto (o quasi) tramite le fonti pittoriche o scritte, quello di cui non siamo a conoscenza è l’ambiente sonoro che circondava gli artisti da noi studiati. Pavor Nocturnus sembra voler in qualche modo sopperire a questa lacuna con il suo ultimo lavoro Bosch, ispirato alle opere dell’artista olandese omonimo. Il disco si colloca nell’ambito di un progetto – che si avvale della consulenza di H3ml0ck per il comparto video – nato con lo scopo di trascrivere in musica le sensazioni impresse all’interno delle tele.
Dopo il brano d’apertura, ispirato a “Estrazione Della Pietra Della Follia”, in cui una cassa elettronica scandisce il tempo delineando il tono dell’opera, le atmosfere assumono dei lineamenti più inquietanti mentre veniamo introdotti in “Paradiso Terrestre”, che dopo una breve intro molto morbida si apre fino a raggiungere un sound etereo, dominato da pad vocali che sembrano quasi indicarci la strada attraverso la radura verde dipinta da Hieronymus. Ma il momento di delizia dura un attimo, perché l’artista ci catapulta verso il più esterno dei cieli, mettendoci in ginocchio come i protagonisti di “Ascesa All’Empireo”, offrendoci non la grazia divina ma un bagno di inquietudine che capovolge il senso del quadro. Questa inquietudine viene conservata e cullata dalle note di “Caduta Dei Dannati”, le cui tinte nere si sposano perfettamente con il gioco di distorsioni, phasing e crescendo di batteria attuate dal buon Eugenio Mazza. La traccia successiva, “Inferno”, conclude il ciclo ispirato alle Quattro Visioni dell’Aldilà e apre quello dedicato al Trittico del Giardino delle Delizie. “Il Giardino Dell’Eden” si apre pian piano davanti ai nostri occhi, lento come il drone che dà inizio al brano e che ci trascina in un moto continuo fino a farci approdare ne “Il Giardino Delle Delizie”, che a metà della sua durata regala un’apertura armonica che mi ha portato alla mente il lavori di Desiderii Marginis all’interno di Seven Sorrows (2007, Cold Meat Industry). Traccia preferita in assoluto. La delizia viene dilaniata con l’inciso di cluster di “Inferno Musicale”, a cui è affidata la chiusura del disco. Al suo interno si fanno strada i ritmi pulsanti della cassa elettrica (che fornisce anche un continuum di sensazioni con la traccia d’apertura, racchiudendo quindi l’album all’interno di un cerchio ininterrotto), mentre tutt’intorno danzano pad profondissimi e suoni foley che stritolano le orecchie dell’ascoltatore, per poi risolversi in alcune note d’arpa che fanno presumere un finale disteso. La sensazione di salvezza è soltanto illusoria, dopo qualche secondo veniamo nuovamente trasportati in un girotondo diabolico che percuote e ci lascia infine esausti e naufraghi sulle sponde di un universo infernale.
Il disco in sé rappresenta un vero e proprio percorso all’interno della lucida follia di Bosch, e l’idea di “rinforzare” l’ascolto con dei supporti visivi risulta davvero utile al fine di poter godere di una immersività totale. Quello che Pavor Nocturnus è riuscito realmente a donarci è una chiave di lettura profonda che ci accompagna, anzi, ci catapulta come una Mary Poppins oscura all’interno delle tele. L’esperimento è riuscitissimo, le composizioni risultano azzeccate ma mai didascaliche, composte con gusto e attenzione, denotando una profonda osservazione dell’opera dell’artista nederlandese a cui viene decisamente fatto onore.
(Dio Drone, Toten Schwan Records, 2021)
1. Estrazione Della Pietra Della Follia
2. Paradiso Terrestre
3. Ascesa All’Empireo
4. Caduta Dei Dannati
5. Inferno
6. Il Giardino Dell’Eden
7. Il Giardino Delle Delizie
8. Inferno Musicale