Oltre alla distinzione tra vari generi musicali, si rende spesso necessario distinguere tra i musicisti che cercano di sperimentare spingendosi oltre l’orizzonte del già conosciuto e chi, invece, preferisce rifarsi e riferirsi a gruppi del passato più o meno esplicitamente. Non necessariamente, però, porsi nella prima categoria equivale automaticamente a una proposta di qualità e, purtroppo, l’autoreferenzialità la fa da padrona. I danesi Persecutor di sicuro non hanno niente a che fare con la voglia di mettersi in discussione e andare alla ricerca del nuovo e optano quindi per un mondo sonoro denso di riferimenti al grande passato del thrash/death metal (già la copertina ci dava un bel suggerimento in tale direzione – interessanti i lavori dell’artista Mattness che si possono trovare in rete). Per dare dei riferimenti, quindi, stiamo dalle parti di Slayer, Metallica dall’84 all’89, Kreator e i Sepultura fino a Chaos AD. Eppure, nonostante la scarsa, anzi scarsissima, originalità, Vendetta è un disco fatto bene, con passione, che fa divertire e non poco.
Sono passati quattro anni dal loro primo disco Rebirth ma le fondamenta che reggono le canzoni dei Persecutor non hanno ricevuto troppi scossoni. Forse si registra qualche tentativo non tanto di svecchiare la proposta musicale, ma di allargare il campo di riferimento della band. L’apripista “The Reaper” mette sul vassoio quelle che sono le direttrici, ossia riff “a grattugia”, batteria decisa e precisa, voce declamatoria che ricorda il buon Max Cavalera e un certo modo di scandire i versi delle strofe riconducibile al NYHC. A seguire, sono proprio “Narcissus” e “Nothing Remains” a far sentire qualcosa di leggermente diverso, come il bridge/ritornello della prima che sa di Göteborg Sound e la chiusura della seconda con un bel mid-tempo sul quale uno spiritato Christian Almanza lancia le sue urla. “One Final Victim” ha un andamento che rischia di creare un bel mosh in sede live mentre con “Veil Of Despair” i ritmi rallentano di molto e siamo quasi in ambiti più propriamente death almeno per la prima metà, ovvero fino a quando la doppia cassa apre a un cambiamento repentino e violento. Il ritornello non indovinatissimo di “Sand Of Sahara” e la spietata “Feast!” anticipano “Legacy”, buonissima e variegata traccia nella quale fa di nuovo capolino il riffing svedese menzionato poco fa (il riferimento principale in questo caso sembrano essere gli In Flames). A chiudere il disco la title-track, ossia un’outro di chitarra classica quasi a far freddare le orecchie dopo 8 veri e propri assalti sonori.
Con Vendetta i Persecutor ci regalano un album valido e divertente che, a causa dei fin troppo evidenti riferimenti a grandi gruppi e dischi del passato, non può di certo ambire a voti altissimi. Per tornare però al discorso iniziale, la coerenza, la passione e lo spirito puro dei quattro danesi fa sì che questa loro seconda uscita si faccia preferire a tanti sterili sperimentalismi che nulla di nuovo portano all’alveo della musica estrema (ossia la più bella che esista). Pane per i denti, quindi, per i nostalgici di un certo sound e anche per chi cerca di trovare musica con cui divertirsi e sfogarsi per 35 minuti, con un pizzico di curiosità per la resa live del gruppo che, date le premesse, rischia di creare belle e sudate situazioni di pogo sfrenato.
(Autoproduzione, 2023)
1. The Reaper
2. Narcissus
3. Nothing Remains
4. One Final Victim
5. Veil Of Despair
6. Sand Of Sahara
7. Feast!
8. Legacy
9. Vendetta (Outro)