Nel 1999 esce nelle sale cinematografiche Garage Olimpo di Marco Bechis, pellicola che racconta le atrocità della dittatura militare argentina di Jorge Rafael Videla a vent’anni di distanza. Bechis rivela al mondo tutto ciò che la storia ufficiale ha colpevolmente taciuto o minimizzato. La “guerra sporca” dei militari sudamericani volta a reprimere e distruggere gli avversari politici, marxisti, peronisti o semplici cittadini che fossero. Il loro intento era quello di eliminare qualunque forma di protesta e di dissidenza nel paese presente nell’ambiente culturale, politico, sociale, sindacale e universitario.
Passano altri vent’anni e tocca questa volta a Petrolio dare nuovamente forza e vigore al grido di dolore che in quegli anni è riecheggiato nella penombra delle stanze spoglie dove venivano perpetrare le torture ai danni dei dissidenti. Il suo EP Club Atletico (uscito per la britannica Depths Records, etichetta dedita ad ogni tipo di sperimentazioni sonore) riesce a ricreare l’angosciante clima di quel periodo, e può tranquillamente essere visto come la colonna sonora di un martirio. Al pari del film infatti, anche il disco di Petrolio, risulta quanto mai concreto, duro e reale, per non dire disturbante. Come altrettanto disturbanti furono al tempo i silenzi dell’opinione pubblica che nascose le pratiche di sadismo a cui vennero sottoposti gli oppositori politici. Senza contare l’ancor più soffocante silenzio sui “voli della morte” con cui i dissidenti venivano gettati vivi nell’oceano Atlantico.
L’album nasce proprio dalla necessità di raccontare e descrivere le sensazioni riconducibili all’impossibilità di fuggire da una situazione di prigionia. E da un punto di vista sonoro la desolazione di spazi vuoti in cui rimbomba il respiro affannato di chi ha perso ogni speranza emerge nitida in ogni momento dei quattro episodi che compongono il disco. Letteralmente il Club Atletico era il centro di detenzione dove si sono consumate le torture più efferate dei dissidenti politici socialisti rapiti durante e dopo il colpo di stato di Videla. Non può quindi non essere la componente più vicina a sonorità dark ambient quella che riveste il ruolo principale. Ma non mancano interessanti inserti rumoristici che si insinuano nelle scissure che delimitano i nostri lobi cerebrali, trapanandoci i sensi e riducendoci in uno stato di catatonia ipocinetica.
È senza dubbio, come dice lo stesso Petrolio, un album che ricerca atmosfere oscure ed evocative. Ma è soprattutto una sorta di prima generale per una versione ulteriormente greve dell’album con l’apporto di altri elementi disturbanti, quali parti vocali e urla, che vedrà la luce in un secondo momento. Una sorta di Club Atletico 2.0 che farà ancora più male di quanto non faccia questa prima incarnazione.
(Depths Records, 2021)
1. Agua y tierra
2. El silencio
3. Y nadie queria saber
4. 2403