Quest’oggi si parte verso una meta piuttosto lontana in compagnia di musicisti decisamente particolari. Il progetto di cui ci occuperemo in questa recensione è una sorta di collaborazione fra due entità, ovvero Phurpa e Queen Elephantine. Da questa collaborazione è nato il disco chiamato Ita Zor. Per comprendere appieno bisogna però fornire alcune coordinate. I Queen Elephantine sono un collettivo avant-garde/psichedelico formatosi ad Hong Kong (ora trasferitosi a Philadelphia, USA) grazie al mastermind indiano Indrayudh Shome. Il duo denominato Phurpa è invece un coro monastico tibetano che sfrutta un determinato tipo di canti e tonalità basati sul principio della transmogrificazione, ovvero l’atto o il processo di cambiamento o trasformazione in una forma diversa, in particolare grottesca o bizzarra. Prima che il buddhismo contaminasse il Tibet le pratiche e gli antichi riti sciamanici derivavano da antichi ed ancestrali culti conosciuti come BON. A comando dei Phurpa si trova tale Alexei Tegin (ora residente a Mosca), musicista che ha deciso di proseguire nel tramandare questi rituali musicali.
Dal lato prettamente sonoro non è così immediato dare una direzione. Il flusso sonoro di base prende un certo drone modello Earth/Sunn O))) e lo mischia con l’oscurità di act impenetrabili come Treha Sektori infarcendoli infine con dei mantra doom modello OM. Le cinque tracce di Ita Zor non hanno titolo, vanno considerate come un’unica esperienza sensoriale che rimanda ad arcaiche conoscenze per comprendere le sensazioni interiori ed anche argomenti più “alti” come il linguaggio spirituale della vita e della morte. Phurpa è la componente trascendente mentre i Queen Elephantine sono la parte più fisica, grazie anche al massiccio uso di campane cerimoniali, conchiglie, chitarre, elettronica, gong, flauti ed altre mille diavolerie. Il viaggio sonoro è minimale ed allo stesso tempo ricco di piccoli dettagli e necessita assoluto silenzio per coglierne le atmosfere enigmatiche: i tredici minuti di “1” e “3” mescolano percussioni lontane e melodie di altri tempi, trip ambient (“2”) suoni e rumori (“4”) per arrivare alla fine con un senso di leggerezza e liberazione (“5”), ma sia chiaro che la strada sarà molto difficile per il suo essere totalmente chiusa in sé stessa ed anti commerciale. A riprova di ciò tutti gli introiti del disco (in versione CD, cassetta e digitale) saranno interamente devoluti all’associazione Vipassana Prison Project, un insieme di corsi di meditazione che si ispirano ad antiche tecniche indiane (per tutte le informazioni vi invitiamo a visitare questo sito → https://prison.dhamma.org.).
Opera difficile, non per tutti. Rappresenta una sfida più che un ascolto di piacere, eppure c’è un certo sentore che tutti gli sforzi saranno ripagati. Per impavidi!
(4iB Records, 2021)
1. I
2. II
3. III
4. IV
5. V