Risentire il nome di Petter Carlsen fa riaffiorare alla mente un suo show di apertura a The Ocean ed Anathema in quel di Roncade al New Age Club. In quell’occasione non convinse molto, in quanto il suo repertorio solista era forse troppo monocorde e statico che non permetteva alle sue emozioni di venire fuori bene. Per chi non lo sapesse, questo musicista/cantante norvegese, ha all’attivo anche altri progetti fra cui questo duo chiamato Pil & Bue che all’origine era costituito dallo stesso Petter e dal batterista Aleksander Kostopoulo, che però all’indomani del secondo album lascia il suo compagno, che riprende qualche anno dopo con un nuovo batterista, tale Gøran Johansen, ed ovviamente un nuovo album, questo The World Is A Rabbit Hole che segna un ritorno decisamente duro e aspro. Il loro rock è molto sporco e colmo di disagio che arriva dagli anni ‘90 mostrando un Petter davvero scatenato vocalmente.
I riff sporchissimi e la batteria impazzita del nuovo entrato Gøran della traccia di apertura “Rube Goldberg Machine” sono una chiarissima direzione di come si muoverà l’album. Le atmosfere sono davvero sulfuree e fumosissime denotando una certa impostazione stoner per i giri chitarristici all’arma bianca, mentre sul versante “melodico” viene comunque mantenuta una piccola reminiscenza solista di Petter in alcuni intermezzi più dolci. Vocalmente però le cose cambiano di parecchio e sorprende sentire tanta varietà nel cantato. Si passa dal modello dei Placebo fino ad atmosfere incazzatissime del miglior Chris Cornell (il grunge distruttivo di “Everyone’s Just A Kid”) non arenandosi mai in uno stile preciso ma evolvendo sempre, come nella pesante “True Disaster”. Dal canto suo la batteria è spesso deflagrante nelle ritmiche senza comunque prendersi troppe libertà ed interagendo al meglio con le linee di chitarra. Seppure i brani siano solo sei c’è di che godere grazie a tracce medio-lunghe. “Select 2 Players” con il suo moto ondoso regala bastonate torbide, melodie disperate e rasoiate veloci mentre la tragedia aspra di “The Resonator” prepara il terreno per la lunga e finale titletrack “The World Is A Rabbit”, sorta di cerchio emozionale che parte pacata per poi esplodere in giri monolitici, voci acide e rifinire nella grigia oscurità degli arpeggi finali. Per chi era abituato a conoscere la versione solista di Petter qui potrebbe rimanere spiazzato per la furia che è in grado di sprigionare dimostrandosi cantante di razza che non smette mai la propria ricerca sonora, facendo meno leva sulle melodie pop e lasciando che la propria rabbia interiore venga fuori. Un disco davvero piacevole ed elegante che seppure non inventi nulla ha dalla sua una forza ed un vigore espressivi che non lasciano certo indifferenti.
Un graditissimo ritorno per un musicista che ha ancora molto da dire e che si spera possa ritornare in tour per allietare le nottate di cui si sente sempre di più la mancanza.
(Indie Recordings, 2021)
1. Rube Goldberg Machines
2. Everyone’s Just A Kid
3. True Disaster
4. Select 2 Players
5. The Resonator
6. The World Is A Rabbit Hole