Le strade dei Duneeater (si pronuncia Dune Eater) e quelle dei Planet of the 8s si sono incrociate in più di un’occasione e ciò non poteva che portare al concepimento di questo split chiamato Turned to Stone Chapter V. Sebbene la composizione e la registrazione, causa la pandemia, siano state difficili da attuare, i due gruppi sono riusciti nel loro intento dando alle stampe un affresco stoner rock con delle interessanti idee. Prima di iniziare, direi che una piccola presentazione delle band è d’obbligo: i Duneeater sono un quintetto stoner rock di matrice Kyuss/Fu Manchu, mentre i Planet of the 8s sono un trio più oscuro dedito a sonorità che tendono più a gruppi come Tool, Elder e Alice In Chains.
Questo progetto nasce con le migliori intuizioni in quanto ogni band registra un riff e l’altra lo reinterpreta a modo suo registrandolo a sua volta. Ne viene fuori qualcosa di sfizioso, almeno sulla carta, che però non mantiene propriamente le promesse per qualcosa di davvero innovativo. La prima parte, relativa ai brani dei Duneeater, è quella più diretta e primordiale. Lo stoner sabbathiano di “Twin Voyager” esalterebbe ogni irriducibile fan della band di Garcia e soci grazie a riff arrembanti e squisitamente robotici (emergono anche i Queens of the Stone Age) dai toni decisamente lussuriosi. Il groove magnetico di “Pleather Sex” e “C.O.B.R.A”, uniti alla sporcizia ignorante della diretta “Devil Dodgers (Dawn Part 1)”, creano un bel mood stordente ma manca la sorpresa, quel qualcosa che faccia dire “wow” ed è un peccato perché i brani funzionano decisamente bene senza risultare troppo derivativi. Dall’altra parte ci sono i Planet of the 8s che partono a ruota con un muro di suono decisamente grosso per i loro standard (“Dawn Part 2”), cadendo sfortunatamente nella consueta trappola ovvero diventare succubi delle proprie influenze: il nerissimo alternative rock di “Raised by Night” scopiazza troppo dai Tool nonostante una perizia tecnica non indifferente unita ad un notevole pathos etereo ed assolo incisivi. Non va meglio con la lunga e lisergica “Gravity”, che profuma troppo di già sentito, mentre la finale “Dusk Part 1” richiama nuovamente la traccia iniziale a suon di marciume fragoroso.
In definitiva l’album non offre nulla di particolarmente consistente e che possa distinguersi dalla massa rischiando di finire nel marasma infinito delle uscite stoner. Serviva più coraggio!
(Ripple Music, 2022) 1. Duneeater – Dusk Part 2
2. Duneeater – Twin Voyager
3. Duneeater – Pleather Sex
4. Duneeater – C.O.B.R.A
5. Duneeater – Devil Dodgers (Dawn Part 1)
6. Planet of the 8s – Dawn Part 2
7. Planet of the 8s – Raised by Night
8. Planet of the 8s – Gravity
9. Planet of the 8s – Dusk Part 1