Tornano sulla scena stoner rock i friulani Prehistoric Pigs che raggiungono la soglia del quarto album dall’emblematico titolo The Fourth Moon. Pare che il trio italiano sentisse la necessità di cambiare nuovamente pelle: la band decide quindi di archiviare le sperimentazioni del precedente Dai, di un paio di anni fa, per tornare al nudo e crudo passato spoglio di qualsiasi eccesso. Si ricorre quindi ad un approccio più minimalista, a tratti anche doom, volto unicamente alla nera furia che si insinua nel proto-concept dell’album. Produzione scarna, arrangiamenti belluini e tanta voglia di spaccare nuovamente nella veste strumentale: ecco cosa aspetta gli ascoltatori.
“C35” è esemplare nello schiarire le idee sulla direzione del disco. Il lockdown del periodo Covid è servito molto ai Nostri per comporre un lavoro decisamente incazzato che si abbevera da molte fonti come letteratura, fantasie personali e religione. Il fumo stoner creato dai muri di basso e batteria è impetuoso come l’oceano pronto alla distruzione mentre la batteria scandisce tempi impazziti ma sempre quadrati. L’approccio richiama immediatamente i Kyuss sia nei suoni che nello stile dei riff della chitarra di Juri Tirelli inasprite dell’acido sessantiano e pure dal proto doom del decennio seguente. Il ritorno ad un mood più “classico” è evidenziato dall’arido deserto sonico di “Old Rats” dove la batteria di Mattia Piani si erge ad arma stordente sfruttando i piatti come amplificatori di rumore per poi raffinarsi nell’intermezzo ancestral/psichdelico. Le sfumature sono sempre più rugginose ed ossessive come nei riffs circolari della durissima “Crototon” alleggerita dai giri melodici della title-track “The Fourth Moon” con il suo groove oscuro e le derive space rock. Non c’è spazio per le tentazioni elaborate, per la raffinatezza o la complessità ma solo tanta energia apocalittica ignorante e senza fronzoli come i pugni in faccia di “Left Arm” e della finale “Meteor700”.
Si potrebbe discutere all’infinito sulla qualità del disco. Da una parte riconferma che, in ambito stoner rock, i Prehistoric Pigs sono una garanzia seppure derivativa, dall’altra però mostra un grosso passo indietro che aveva portato il trio su un livello molto interessante senza che venisse snaturata la propria anima. Non si sa dove porterà questo “nuovo corso” ma si è certi che, nonostante tutto, sarà un album di qualità notevole.
“La quarta luna era una schiera di condannati. Lugubre carovana di destini spezzati, uomini scimmia dai volti d’osso, in marcia verso la fine del cosmo. L’occhio di pietra vigila sul convoglio e lo attira verso il baratro. Otto fermate prima del colpo di martello, del triplice fischio, dell’ultimo fulmine. Ratti stanchi accompagnano l’orda fra urla ataviche e arti penzolanti. Le schiene piegate scavano buche verso nuovi continenti che non esistono. Il frastuono del diluvio universale preannuncia la venuta delle 700 meteore dell’apocalisse.”
(Go Down Records, 2021)
1. C35
2. Old Rats
3. Crototon
4. The Fourth Moon
5. Left Arm
6. Meteor 700