I Rat Lord sono un progetto più unico che raro che, per essere proposto senza risultare oltremodo grottesco, poteva nascere solo in Norvegia. Siamo infatti a Bergen, incantevole cittadina incastonata tra fiordi e montagne nella zona sud-occidentale del Paese, conosciuta per essere punto di partenza di meravigliose escursioni, per il suo iconico mercato del pesce e, da chi bazzica su queste pagine, per essere la vera capitale del black metal. Decine sono i gruppi di fama mondiale nati tra i vicoli della (poco) ridente Bergen, tra cui Gorgoroth, Immortal, Taake e il sempreverde Burzum che, da fervente cattolico quale era, qui vicino diede alle fiamme la stavkirke di Fantoft e la piazzò sulla copertina di Aske.
I Rat Lord, però, fanno grindcore. Ebbene sì, il trio non suona black, non si pittura la faccia e, almeno per quanto a noi noto, non ha mai pensato di bruciare luoghi di culto. Cosa c’entrano dunque i Rat Lord con il black metal? Semplicemente il prodotto offerto dai Nostri, in assoluta continuità con l’album di debutto datato 2022, è un dissacrante omaggio alla scena black norvegese, che si pone l’obiettivo unico di divertire il pubblico, stuzzicandolo con citazioni più o meno nascoste ai pilastri del metallo nero e regalando un disco di semplicissima fruizione, che reclama tuttavia l’usura del tasto replay e regala in più di un’occasione una sonora risata. La struttura è quella di un classico disco grindcore/powerviolence: brani aggressivi, velocissimi, di durata risicata, con più di una struttura mutuata dall’hardcore più classico. In talune occasioni, il ritmo delle grandi ballad punk e qualche breve incursione in territori simil-thrash e lontanamente black (sono i casi di “Wo-Tan-Clan” ed “Hehemoth” su tutte) riescono in maniera intelligente e non del tutto scontata a variare l’indirizzo complessivo dell’album, facendo sempre sorgere una certa curiosità per la traccia successiva. Archiviata la struttura, il vero fiore all’occhiello del lavoro è il contenuto, già manifestato nell’ennesima simpaticissima copertina e nel titolo dell’opera, Blazed In The Northern Sky (“Strafatto nel cielo del Nord”), omaggio alla (quasi, eheh) omonima pietra miliare targata Darkthrone. I riferimenti vanno avanti tra Satyricon, 1349 e, nella velocissima “Raised On Kneipp”, ad un vecchio siparietto tre i Dimmu Borgir e gli stessi Darkthrone che mischia tradizioni culinarie norvegesi, onanismo e il solito sano black metal. Lungi da noi voler svelare tutti i riferimenti contenuti nelle undici tracce, per godere appieno della sana follia e mettere da parte, per una manciata di minuti, la seriosità classica dei generi qui richiamati, si consiglia di preparare i pop-corn e approfondire titoli e riferimenti dei singoli brani, confrontandoli con i medesimi del disco precedente.
Insomma, che dire di questi tre ragazzacci norvegesi, di cui peraltro in due già attivi nel ben più serio progetto Blood Command, che promuovono gli album targati Rat Lord con passamontagna bianchi, occhiali da sole e abbracciando gattini (norvegesi, guarda un po’)? Che sono dei fulminati, senza dubbio. Che sono dei geni, forse. Che sanno suonare, questo sicuramente, alternando con disinvoltura generi e sottogeneri dell’universo punk, strizzando l’occhio a quel thrash che divenne proto-black e rese grande la Norvegia della musica estrema tra fine Ottanta e inizio Novanta. Il disco poi, come detto, sta in piedi principalmente sul progetto e sull’intento, centrato a pienissimi voti, di togliere con una risata la patina di nera sacralità dal black norvegese, rendendo contemporaneamente omaggio alla sua grandezza. Simpatici, ma soprattutto bravi.
(Loyal Blood Records, 2024)
1. North Of Hell
2. No Dogs, No Masters
3. Blazed In The Northern Sky
4. Raised On Kneipp
5. Now Diabetical
6. Wo-Tan-Clan
7. >100 000
8. Hehemoth
9. I Am The Only Punk In The Village
10. Party Like Its 1349
11. bYggdastril