La scena underground siciliana dà vita, in genere, un numero contenuto di release, preferendo la qualità alla quantità. The Law Of Purity, album d’esordio del combo stoner catanese Rhino, oltre che confermare questa regola, risulta essere una delle uscite recenti in cui meglio si fondono le atmosfere della terra natia e quelle previste dal genere di riferimento. Sembra, dunque, che sull’Isola mediterranea e nel sud della California batta lo stesso sole opprimente, conferendo al disco una sincerità di fondo non sempre percepibile in tanti gregari del desert sound.
Sulla bontà del lavoro svolto dagli etnei ci siamo già espressi in fase di recensione, abbiamo quindi contattato la band per uno scambio di battute al fine di approfondire l’argomento.
Ciao ragazzi, benvenuti su Grind On The Road. Iniziamo quest’intervista dalla fine, ovvero il vostro album d’esordio sulla lunga distanza The Law Of Purity, edito da Argonauta Records. Quante e quali vicende umane e musicali sono contenute in questo – a nostro parere – variegato e sentitissimo album?
Ciao a tutti, grazie per averci ospitato sulle pagine di Grind On The Road. The Law Of Purity è un album che risente senza alcun dubbio del lungo tempo di gestazione che ha avuto. Contiene alcuni brani scritti circa quattro anni fà ed anche brani più recenti, pertanto l’aggettivo “variegato” è sicuramente azzeccato. Il cambio di line up che si è verificato tra il 2014 ed il 2015, la maturazione della band nella scrittura e negli arrangiamenti nel corso degli anni hanno fatto sì che questo album abbia all’interno brani più diretti, senza fronzoli ed altri con aspetti più spiccatamente psichedelici.
In sede di recensione abbiamo considerato il vostro lavoro come capace di spaziare fra umori molto diversi fra loro, che per una band stoner è un complimento non da poco. Si tratta di un effetto voluto? Cosa vuol dire, per voi, suonare questo genere nel 2017, con un mercato saturo e in cui l’offerta sembra superare la domanda?
Da una parte è stata una semplice evoluzione della band dal punto di vista umano e compositivo, dall’altra ogni componente fornisce il proprio apporto nell’arrangiamento dei brani, senza considerare il fatto che ci è sempre piaciuto spaziare all’interno del genere musicale che proponiamo. L’approccio a questo genere è stato per noi molto naturale; è ciò che i membri fondatori della band desideravano fare ancor prima che nascesse il progetto Rhino e suonarlo oggi, a distanza di quasi cinque anni dalla nascita, continua ad essere la nostra linea. Indubbiamente, negli ultimi anni, si è verificata un’esplosione dello stoner e dei vari sottogeneri ad esso collegati. Sono nate tante realtà in ambito nazionale e non; chiaramente questo ha un po’ saturato il mercato, soprattutto quello strettamente legato ai live. Tuttavia, ci è sempre piaciuto pensare che, se una band è valida, riesce comunque a ritagliarsi il proprio spazio.
A livello di produzione l’album riesce a suonare credibilmente ruvido, fuzzy e rétro, ma allo stesso tempo è nitido, pieno di groove, contemporaneo. A chi vi siete rivolti in fase di registrazione, mix e mastering e da cosa è dipesa questa scelta?
L’album è stato registrato e mixato dal nostro ingegnere del suono Giacomo Iannaci, presso il Morning View Studio di Ragalna (CT), ai piedi del nostro amato vulcano. Il mastering è opera di Carl Saff del Saff Mastering Studio di Chicago (USA). Ti ringraziamo per gli aggettivi che hai usato per descriverlo: è proprio il risultato che volevamo ottenere, ovvero un album che suonasse grezzo, sincero, senza post produzioni. L’intento è stato quello di far sì che l’ascoltatore del album ritrovasse lo stesso groove e lo stesso muro di suono che può sentire ad un nostro concerto; per raggiungere questo risultato è stato scelto di mettere in primo piano il suono diretto degli strumenti senza aggiungere artifici di sorta.
Alla fine del videoclip di “Grey” campeggia la scritta “In memory of Philip Hipwell”. Qual è la storia dietro questo brano e questa dedica?
Il testo ed il videoclip di “Grey” sono stati interamente ispirati dall’artista statunitense Philip Hipwell, il quale ha vissuto diverso tempo nella nostra città ed ha intrattenuto rapporti di amicizia con il nostro frontman Niko Accurso. Il “grigio” del titolo si riferisce ai dipinti delle foreste di Woodstock che compaiono anche all’interno del videoclip, così come anche alcuni ritratti. In seguito alla sua scomparsa, Niko decise di scrivere un testo che parlasse del pittore; testo che è poi stato adattato sul nostro brano.
Allarghiamo il discorso: a livello nazionale la scena stoner si sta sviluppando progressivamente, in parallelo a quella estera. Quali sono i nomi italiani che rispettate di più?
Come dicevamo prima, negli ultimi anni, la scena stoner italiana ed i generi ad essa collegati è cresciuta tantissimo e non è da meno rispetto a quella estera. Tra le tante band valide, ci piace citare i romani e seventies Black Rainbows, i genovesi Isaak ed i nostri amici e concittadini “occulti” Haunted.
Lo stoner è, inoltre, un genere legato a doppia mandata ad un certo tipo di ambientazione di riferimento, che anche voi rispettate appieno: deserto, temperature torride, psichedelia. Quanto, di questa simbologia, è riscontrabile nel vostro territorio d’origine, ovvero la Sicilia? La sabbia dell’Etna pesa tanto quanto quella di Palm Desert?
A primo acchito, ai puristi, l’accostamento Sicilia/Palm Desert può sembrare “blasfemo”, ma a noi piace moltissimo! Con le dovute differenze, i riferimenti simbolici ci sono tutti: in Sicilia, in estate, le temperature torride non mancano, la cenere vulcanica che spesso ci regala l’Etna è una presenza assimilabile alla sabbia desertica… La psichedelia proviamo a mettercela noi! Battute a parte, crediamo che ogni band sia immancabilmente influenzata dalla propria terra d’origine e dagli elementi naturali che la caratterizzano, oltre che dagli ascolti musicali. Noi non veniamo meno a questa regola, con un territorio come il nostro sarebbe impossibile; a tal proposito, la natura e la sua forza sono spesso presenti nei nostri brani, basti pensare che la seconda traccia dell’album, “Bursting Out”, parla proprio della possanza del vulcano.
Perseveriamo nel volutamente pretenzioso paragone tra la Trinacria e gli States: è più che ricorrente, tra gli addetti ai lavori locali, guardare malinconicamente agli anni ’90 come ad un’età dell’oro in ambito musicale – specialmente per Catania, da molti considerata una piccola Seattle. Avete percepito anche voi il degenerare della situazione? Come sarebbero stati i Rhino se avessero esordito vent’anni prima?
In merito all’accostamento musicale negli anni ’90 tra Catania e Seattle, crediamo che da parte degli addetti ai lavori si sia un po’ ingigantito la cosa. Indubbiamente, in quegli anni, nella nostra città c’era una ottima scena, fatta di tante valide band ed anche di locali che davano molto spazio alla musica indipendente ed inedita, ma il paragone con la città della costa ovest degli States è quantomeno esagerato. Ricordiamo che dalla zona di Seattle sono venute fuori band come Mudhoney, Soundgarden, Melvins, Alice In Chains, Nirvana. E’ evidente che se paragoniamo la Catania musicale di quegli anni a quella attuale, siamo perfettamente d’accordo sulla degenerazione che è avvenuta. La situazione attuale è a dir poco deprimente; non solo perché molti storici locali di quegli anni hanno chiuso, non ci sono più gli stessi ascoltatori, ma anche perché la proposta musicale si è obbiettivamente impoverita. Non sappiamo come sarebbero stati i Rhino venti anni fa, probabilmente avrebbero fatto un genere diverso perché differenti erano gli ascolti dei componenti della band all’epoca. Probabilmente, data la giovane età, non avrebbero avuto la stessa costanza e perseveranza dei Rhino di oggi.
Ci siamo occupati del serio, concludiamo con il faceto: i “mostri” che “vedete” nell’ultima traccia dell’album sono una metafora riferentesi all’intrinseca cattiveria dell’essere umano, o sono quelli a cui abbiamo pensato tutti?
La seconda che hai detto… Ma non solo. Il testo fa chiaramente riferimento a ciò che si “vede” dopo l’assunzione di certe sostanze, ma anche alle persone “strambe” che ognuno di noi ha incontrato nella propria vita. Ognuno di noi, nel corso della sua esistenza, si è imbattuto almeno in un “mostro”, che non è una persona malvagia, bensì un tipo che fa e dice cose strane ma affascinanti; ecco, noi ne abbiamo incontrati tanti!
Vi ringraziamo per la disponibilità, congedatevi dai lettori di Grind On The Road come meglio credete.
Grazie a te e allo staff di GOTR per questa piacevole intervista. Vi invitiamo ad ascoltate il nostro album e magari se vi capita venite ai nostri concerti.
Per tutte le info, ci trovate qui: www.rhinostoner.com