C’è un tipo di sound che per quanto possa sembrare vecchio e vetusto in realtà è sempre un vento fresco per lo spirito di chi ama il suono rude di un doom death metal fatto come si deve, come quello che i Roots of The Old Oak hanno forgiato in questo monumentale The Devil and His Wicked Ways.
Qualcuno sicuramente conosce i Reign Of Erebus, bene, qui abbiamo tre ex-membri della band black metal, qui impegnati in qualcosa che ricorda molto da vicino il nostalgico sound degli Anathema del periodo Serenades o anche Paradise Lost periodo Gothic. Pesante e arrogante è il linguaggio di questi otto brani, ritmi lenti che anziché aggredire fanno l’occhiolino con un groove spiccato che a dispetto della proposta quasi divertono. Se non fosse che purtroppo i pezzi sembrino non scoppiare mai, trascinano l’ascoltatore in un buio e ostile anfratto buio in cui tutto quello che striscia è viscido e vuole insinuarsi subdolo sotto pelle. Se si vanno a vedere le lyrics troviamo un racconto fatto di folklore e superstizione che è quello che ci vuole in questi casi per far percepire il tutto con un’aura ben più spettrale di quello che traspare dalla sola musica. In ogni caso si tratta di un disco che sa emozionare con delle soluzioni che non si sentono più tanto spesso ultimamente, ma se si è amanti di un certo metal che nei nineties andava forte non può che essere una bella sorpresa.
Album assolutamente solido, concreto e roccioso, oscuro quanto basta e maligno. Fortemente consigliato per chi si è nutrito e si nutre tuttora di Wolverine Blues degli Entombed, Serenades degli Anathema, Gothic dei Paradise Lost e Majestic Thou in Ruin dei Dusk.
(Hammerheart Records, 2023)
1. I Defy Thee
2. Cheating The Hangman
3. Forest Dweller
4. A Ballad of Two Ravens
5. The Devil and His Wicked Ways
6. Cosmic Dark Age
7. Allfather (A Wanderers Tale)
8. Take The Throne