La disciplina musicale è sempre stata connessa alla ricerca di armonia, la sua pratica è il cammino più indicato per l’ascesa ad una dimensione superiore di benessere. L’alchimia, al pari della musica, ha come fine la rigenerazione dell’uomo, che si manifesta con l’innalzamento dei nostri processi interiori ad un nuovo livello cosciente. L’influenza della musica coinvolge non solamente il nostro corpo, ma soprattutto la nostra mente tramite l’impulsiva forza vibratoria inglobando la parte sensibile. I San Leo hanno tradotto le antiche leggi dell’alchimia in nota, accompagnandoci dolcemente alla riscoperta della mediazione musicale, sono riusciti a creare un potente mezzo con cui risvegliare il nostro spirito, e senza alcun ausilio. Parliamo di Marco Migani (aka Inserire Floppino) alla batteria e Marco Tabellini (aka M Tabe) alla chitarra. Mantracore, pubblicato con Bronson Recordings, è la loro quinta fatica dopo XXIV del 2015, Dom del 2017, Y e Pyramis entrambi del 2019 e uno split con Uochi Toki.
L’album è frutto di un lavoro più ragionato rispetto ai precedenti, basato sul discorso diretto tra batteria e chitarra attraverso il meticoloso ampliamento di quest’ultima nella sezione armonica che conferisce al racconto una dimensione più ampia in cui dirigersi. Mantracore è un viaggio ancestrale tra le antiche rovine di quella fortezza da cui il duo romagnolo prende il nome. L’esperienza si articola in due fasi (“MM” e “CORE”) alternando la discesa tra ritmi tribali e ipnotiche successioni krautrock. Le due suite strumentali sono parti dello stesso rito primordiale in grado di catalizzare le nostre energie in direzione di un immaginario distorto e lugubre. Il disco suona ciclicamente attraverso il nostro corpo che fa da cassa di risonanza fino alle sinapsi. Ogni parte del corpo umano produce una frequenza di vibrazione, attraverso la quale entra in connessione con l’universo, le forze planetarie e la natura terrestre aggiudicandosi il suo posto all’interno di quella sfera ultrasensibile che varia da umano ad umano, da corpo a corpo permettendoci di conservare la nostra personale vibrazione. I San Leo vibrano come quello strato di congiunzione tra la Terra e il mondo extrasensibile, attraverso digressioni e fraseggi accartocciano l’involucro che ci divide da una dimensione spirituale permettendoci di esplorare il mondo eterico. Quello che ne viene fuori è un motivo denso e ipnotico trasportando l’ascoltatore in una dimensione lontana dallo spazio e dal tempo.
Risalendo le colline alchemiche della Romagna, i nostri cavalieri medievali ci portano a spasso tra le rocce metalliche del post-rock in un crescendo di inquietati esplosioni drone, consci di poterne non uscire mai, li seguiamo ipnotizzati. “MM” si apre con ritmi visionari che arrivano a sfiorare la trance lisergica, come i rintocchi di un orologio focalizzano l’attenzione sull’incessante scorrere del tempo, l’ipnosi sta funzionando. “CORE” ingurgita tutto il mondo circostante con una crescente tensione che attraverso riff soffocati e una batteria quasi liquida creano allucinazioni sonore provenienti dalle viscere della Terra.
Il dualismo, onnipresente in musica, in alchimia, in Mantracore, nei San Leo, è una componente fondamentale; coniugando mente e corpo in un unico strumento e nel medesimo momento contrapponendoli. Le due parti si consumano in un turbine di piacere e sofferenza, perché, come ogni arte che si rispetti, la musica è dolore che sublimandosi nell’atmosfera si dirama ai nostri sensi. Chitarra e batteria, come materia e spirito, coincidono, si intrecciano e si respingono a vicenda fino a raggiungere lo zenith. “MM” e “CORE” si stagliano sul cielo in tempesta come due monoliti d’acciaio, i nostri oscuri cavalieri ci hanno nuovamente trascinato all’interno del loro caos primordiale.
(Bronson Recordings, 2020)
1. MM
2. CORE