Un momento di fisiologica stanchezza, una fase di raccoglimento prima di riprendere il volo o piuttosto i segni inequivocabili di un inarrestabile declino? O forse la plastica dimostrazione che anche tra le sette note possono rivivere i miti della teogonia greca classica, con padri al potere spodestati dai figli al termine di scontri epocali? In attesa del responso dell’augusto convegno di dotti, medici e sapienti convocati al capezzale dello sludge, ci limiteremo a osservare che, negli ultimi anni, il genere in questione sembra effettivamente aver perso buona parte dello slancio dei primordi, rischiando di recitare la parte di un Crono pentagrammatico in decadenza e minacciato dal figlio Zeus nei panni di quel post metal che, nato come declinazione “atmosferica” degli stessi fanghi industriali e dei medesimi miasmi malsani, si è prepotentemente imposto sulla scena internazionale in termini di cimenti e consenso.
Fuori dallo storico fortino di New Orleans, dove peraltro anche le ultime release dei mostri sacri Crowbar e Eyehategod hanno mostrato segni di stanchezza creativa al di là dell’indiscutibile classe dei protagonisti, nel 2019 il terzetto norvegese dei SÂVER aveva inviato messaggi importanti grazie a un ottimo debut, They Came with Sunlight, mettendo a frutto l’esperienza maturata nel precedente progetto Tombstones e incamminandosi sui crinali di confine tra sludge e post metal. La prova successiva dei Nostri, uno split con i belgi Psychonaut, sembrava aver spinto la band definitivamente tra le braccia visionario/cinematografiche di marca Cult of Luna e anche la più recente collaborazione con la cantautrice neofolk Anne Lise Frøkedal, fortemente sbilanciata su versanti eterei alle soglie dell’ambient, faceva presagire rotte sempre meno caratterizzate da dissonanze e atmosfere patologicamente contaminate, ma a smentire le previsioni provvede questo From Ember and Rust, che segna il ritorno dei ragazzi di Oslo sulle canoniche distanze di un full length. Intendiamoci, chi eventualmente si attenda un’immersione totale in un habitat dai tratti più o meno rigorosamente crowbariani rischia di abbandonare il tavolo, a fine degustazione, con qualche dubbio sostanzialmente motivato, ma è un dato di fatto incontrovertibile che la barra del timone SÂVER sia stavolta convintamente orientata verso il quadrante sludge, con esiti qualitativamente ragguardevoli. Rispetto all’esordio, si conferma un approccio sostanzialmente visionario al genere (con una dichiarata passione per la fantascienza a fornire carburante all’ispirazione), ma sembra ridursi la dimensione puramente contemplativa, a favore di paesaggi sonori che trasudano inquietudine e un costante senso di affanno. Il risultato è una sorta di passeggiata tutt’altro che amena tra architetture fatiscenti e resti in rovina di proclamate onnipotenze, in uno scenario post-industriale dove si sia inesorabilmente e dolorosamente avverata la riflessione leopardiana sulle magnifiche sorti e progressive dell’umanità. Ecco, allora, da un lato la sottolineatura del passo pesante e faticoso, affidata a una sezione ritmica potente che lambisce non di rado le soglie della solennità oscura, e dall’altro un’aura sinistra che spira sulle tracce praticamente senza soluzione di continuità, grazie a tocchi ora tormentati e ora spettrali in uscita dalle sei corde di Ole Rokseth. A differenza del debut, per il quale, in sede di recensione, avevamo espresso qualche riserva, il comparto vocale risulta stavolta impeccabilmente presidiato e va senz’altro annoverato tra i sicuri punti di forza del platter, complice l’oggettivo arretramento della componente post-, che consente all’ugola di Ole Christian Helstad di squarciare le trame con il suo scream acuminato, valorizzandone la resa core e alzando così significativamente il tasso di allucinazione dell’insieme. Sette episodi per un ascolto complessivo di poco superiore ai quaranta minuti, From Ember and Rust schiera subito l’artiglieria pesante con l’opener “Formless”, che si apre sollevando schizzi di fango e materia in decomposizione solo parzialmente ingentilita da una linea melodica che, pur scorrendo sottotraccia, non riesce mai davvero a occupare il centro della scena. Anche la successiva “I, Evaporate” parte in un trionfo di lampi acidi, ma vira nel finale verso lidi doom, con citazione d’obbligo per il gran lavoro al basso di Helstad e per l’inserto dal retrogusto space di un Rokseth qui alle prese con un semplice ma efficacissimo gioco di synth. Detto di una “Eliminate Distance” deputata a presidiare l’ortodossia sludge, il quadro si modifica parzialmente con la titletrack, animata da un’inattesa vena narrativa che placa per un attimo la tempesta in corso rinunciando per larghi tratti al cantato e valorizzando i ricami delle chitarre. La parentesi si chiude immediatamente con “Primal One”, la perla probabilmente più caleidoscopica e coraggiosa del lotto, con i suoi excursus stilistici sfoderati in serie che finiscono per conferirle un taglio quasi avantgarde (e di nuovo applausi per un synth magnificamente incastonato nella trama), sostanzialmente riproposto anche in “The Object”, disegnando una traiettoria che va a spegnersi in un sorprendente (e riuscitissimo) assolo di raffinata scuola prog. L’ultima fermata del viaggio è affidata a “All in Disarray” e, ancora una volta, i norvegesi dimostrano di saper maneggiare il genere con grandissima classe e intelligenza, prima iniettando dosi omeopatiche ma comunque significative di melodia in un incantevole involucro space, per poi far calare il sipario con i minuti più neurosisianamente dissonanti della compagnia (qualcuno ha detto Enemy of the Sun?), a rivendicare fieramente nobili ascendenze.
Materia ed energia in epici e caotici scontri destinati a concludersi senza vinti né vincitori, giochi di luci ed ombre inconciliabilmente affiancate per generare un senso di soffocante straniamento che renda acuta la percezione di trovarci in un universo chiuso e finito, From Ember and Rust è un album che inietta dosi massicce di linfa vitale nel corpo di un genere ormai da qualche anno in evidente difficoltà. La cura per il paziente sludge evidentemente esiste, bussare al laboratorio SÂVER per credere.
(Pelagic Records, 2023)
1. Formless
2. I, Evaporate
3. Eliminate Distance
4. Ember & Rust
5. Primal One
6. The Object
7. All in Disarray
8,0