Si accettano pochi compromessi in questo nuovo numero di Screamature: tanto hardcore, riff rocciosi e atmosfere asfissianti, ma non solo, c’è spazio anche per aperture più delicate ed emotive, toccando diverse sonorità. I Melted Bodies aprono l’articolo con un hardcore molto eterogeneo, dai sentori industrial, prima di lasciare la scena agli statunitensi Votive con la loro proposta monolitica e agli Envy, storica formazione giapponese il cui nuovo EP conferma la qualità del loro connubio tra post-hardcore e post-rock. Si rimane in Giappone anche con lo split che vede coinvolti Kokeshi, Presence of Soul e i nostrani [’selvə], prima di spostarsi in Europa con lo split possente di due band spagnole: Sota Terra e Tempestat, e con il primo viscerale EP dei danesi Vægtløs.
Articolo a cura di Davide Brioschi (Melted Bodies, Votive), Jacopo Silvestri (Envy, Vægtløs) e Antonio Sechi (kokeshi/[’selvə]/Presence of Soul, Sota Terra/Tempestat).
Melted Bodies > The Inevitable Fork Vol. 1
(Digital – Autoproduzione)
Se si dovesse paragonare il nuovo Ep dei Melted Bodies, The Inevitable Fork Vol. 1, con una discussa uscita di quest’ano, verrebbe inevitabile l’accostamento all’ottimo God’s Country dei Chat Pile: lo stesso post-hardcore un po’ industrial e molto groovy, che più che concentrarsi sul breakdown o il riff cerca di costruire una forma canzone diversa e originale, strizzando spesso l’occhio a più di un genere. I Melted Bodies si dedicano ad un EP piuttosto impegnativo, quattro tracce per più di venti minuti di musica, e ci mescolano un po’ tutto quello che gli piace: il punk-noise dei The Armed, il rock industriale a-genere dei System of a Down, un approccio quasi grindcore alle improvvise sfuriate e alla libertà compositiva, che a tratti sfiora il puro e divertentissimo cazzeggio. Si è iniziato citando God’s Country, che comparirà nelle liste di fine anno di molti: è lecito prevedere che, con la sua divertente esuberanza e la sua creatività sperimentale, anche The Inevitable Fork Vol. 1 verrà inserito tra i migliori Ep del 2022 di tanti ascoltatori.
Votive > Wilting
(Tape – No Funeral Records)
I texani Votive ci sparano nelle orecchie un punk robusto e tagliente, infarcito di hardcore e screamo ad aumentarne il primo la violenza, il secondo la potenza emotiva. L’Ep d’esordio Wilting trabocca di bordate hc-punk e riff affilati, sorretti da pelli potenti e vocals al vetriolo: il riff portanti di “Marked by All Those Passing” e “Failing to Cast a Shadow” sono delle vere chicche, e in generale l’intero breve lavoro è disseminato di violenti passaggi divertentissimi. Ovviamente nulla di nuovo sotto il sole, ma Wilting è una di quelle schegge musicali che non possono non colpire – anche solo per pochi minuti – e che chiunque di noi, alla fine, ama trovarsi conficcate nelle orecchie.
Envy > Seimei
(Digital – Autoproduzione)
Solitamente all’interno di questa rubrica andiamo a scavare nell’underground più remoto, per parlare di realtà nascoste in un’industria musicale costantemente stracolma di nuove uscite. In questo caso, però, la nostra attenzione ricade su un gruppo a dir poco seminale, gli Envy, band che ha scritto pagine notevoli della storia di screamo e post-hardcore, le cui influenze si possono sentire sia nella scena locale che in quella internazionale. Circoscrivere solo a questi due generi la proposta della band giapponese però è alquanto riduttivo: dopo un inizio di carriera all’insegna di sfoghi rabbiosi e senza compromessi, i Nostri sono stati abili nell’ampliare il proprio stile, con sonorità sempre più legate anche a elementi post-rock. Seimei, il loro nuovo EP pubblicato a inizio mese in digitale, continua a elaborare la crescita di un sound eterogeneo e incisivo, che dimostra ancora molto da offrire. L’ascolto viene introdotto dalla title-track e i Nostri palesano una forma invidiabile: il brano si divide tra attimi sognanti e cambiamenti che tuonano incisivi e diretti. Il guitarwork, come sempre, è degno di nota, tra arpeggi e tremolo in pulito e accordi granitici, ed è supportato da groove di batteria incalzanti e dal tipico cantato espressivo in giapponese. Seimei, che continua con la coinvolgente “Zanshin” e l’epilogo delicato “Tamayura”, è l’ennesima constatazione del potenziale espressivo degli Envy, e dovesse essere un’anticipazione del nuovo album ci si può aspettare un signor disco.
kokeshi/[’selvə]/Presence of Soul > Immagine Residua (split)
(CD – Tokyo Jupiter Records)
Come sempre viene dimostrato i giapponesi fanno le cose bene. La Tokyo Jupiter Records mette insieme tre pezzi praticamente estenuanti emotivamente parlando e con tre nomi di questo tenore non ci si aspetta nulla di meno. Questo piccolo e mai troppo durevole split butta sul banco il meglio che si può trovare nel settore del post-black metal puntando sulla violenza sia sonora che emotiva appunto. I tre protagonisti qui spargono i semi della disperazione con sonorità in comune che trafiggono quei nervi scoperti che fanno provare scariche di corrente percorrenti gli arti, e questi toni li accusi dalla punta delle dita fino alla colonna vertebrale. Dalle grida lancinanti di “The Sun Shine Upon All Alike” dei Kokeshi fino a quelle chitarre che sanno di ultimo respiro prima di affogare in “Sonder” dei [’selvə] per terminare con la lenta progressione mutante e il drumming asfissiante di “The Trinity- I” dei Presence of Soul. È una gemma underground che fa provare freddo e coliche questo. Quindi è assolutamente perfetto.
Sota Terra/Tempestat > split
(Digital – Rat Monkey Records)
Ora ci si sposta in Spagna, completamente dall’altra parte del mondo per sentire cos’anno da proporre due band deliziosamente avariate, quasi decomposte come i Sota Terra e i Tempestat, entrambe band iberiche esattamente come la Rat Monkey Records, unite per dare libero sfogo a una violenza priva di ragione, la brutalità sotto forma di tagli e sfregi si palesa con quattro brani a testa fatti di riff rocciosi e drumming che pare una frana montana. Non c’è nulla di ragionato qui, la composizione in entrambi i casi è praticamente lasciata a chi ne sente più il bisogno, qui non è questo quello che conta, ma cercare di essere i più rudi possibile, anche se va detto, entrambe le band di quando in quando sono anche capaci di melodia, certo nulla di particolarmente notevole, ma “Zero Substància” da parte dei Sota Tera e “Ultim Far” dei Tempestat sono effettivamente contenitori di brevi melodie che sfumano subito dietro a un muro di violenza, ma intanto quel breve momento si è sentito, ma ha fatto il suo dovere, giusto per far capire che queste due versioni rozze, caciarone, irrispettose e casiniste degli Entombed sanno il fatto loro e sono perfettamente in grado di mettere a dura prova l’osso del collo degli ascoltatori più estremi.
Vægtløs > Kakofoni
(7″ – Aktiver Ausstand in Plastik, Angry Music Records, Bad Moon Rising, Dingleberry Records, DIY Kolo Records, Entes Anomicos, Fresh Outbreak, Geenger Records, Make That A Take Records, Nasty Cut Records, Nothing To Harvest Records, Punkebjartes Punkeplader, Rip Roaring Shit Storm Records, TNSrecords, Virkelighedsfjern, Voice of the Unheard, 5FeetUnder Records / Tape – Mevzu Records)
I Vægtløs sono una nuova band da Aalborg, Danimarca, formata da membri già esperti della scena locale uniti dalla volontà realizzare una proposta incisiva e dalla spiccata indole emotiva, che enfatizza al meglio il potenziale catartico della musica. Dopo una fase di lavorazione prolungatasi per parecchio tempo, il quartetto ha finalmente pubblicato il proprio EP di debutto, Kakofoni, composto da due tracce rocciose e taglienti, che sanno sopraffare con la loro veemenza e, allo stesso tempo, avvolgere nella malinconia. Uscito grazie alla collaborazione di ben diciassette etichette, il lavoro riesce a sfruttare al meglio i circa quindici minuti di ascolto totale, imbastendo una buona commistione tra blackgaze, screamo, post-rock e non solo. Entrambi i brani vengono introdotti da una partenza senza compromessi, ma nei settori centrali si lasciano andare a trovate più emotive e profonde. Elemento centrale nei brani dei Vægtløs sono le riflessioni sulla fragilità della vita, e sia negli attimi più rabbiosi che in quelli placidi, lo sfogo sincero dei danesi ha un impatto monolitico e introspettivo. Schietto, abrasivo e viscerale: il sound della band danese si può descrivere come un grido disperato e impetuoso, che sicuramente potrebbe tornare utile come rifugio nei momenti di abbattimento.