Secondo appuntamento per Screamature e ci sta piacendo. Come vi avevamo accennato, in questi speciali saremo quanto più trasversali possibili, non troverete solo screamo, troverete tutto quell’universo che prolifera nel sottobosco della musica e che, a maglie larghissime, orbita nelle coordinate del punk e dell’hardcore. Per questa puntata abbiamo selezionato sei uscite. Abbiamo preso a mani basse dal catalogo Zegema Beach con la ristampa della demo dei malesi Amu Daria e con due split. Davide ha recuperato invece l’ultimo EP dei danesi Hexis, i Soul Glo e un progetto fuori di testa giapponese, Ozigiri. Prima di augurarvi buona lettura, vi preannunciamo che il prossimo episodio sarà una sorta di “speciale Italia”, interamente dedicato a realtà nostrane.
Amu Daria > ST (Tape – Zegema Beach)
Uscito nel dicembre 2019 come demo e stampato a metà dell’anno scorso in cassetta dalla malese Utarid Tapes, il primo lavoro degli Amu Daria vede la luce pure su Zegema Beach che ne fa uscire delle cassette a dicembre per il mercato nordamericano. Ed è così che li notiamo. Il monicker credo si riferisca all’Amu Darya, uno dei fiumi più lunghi dell’Asia Centrale, un enorme affluente del buonanima del Lago d’Aral, sventrato dal più grande canale di irrigazione al mondo che lo rende nei fatti un fiume fantasma, uno spettro vivente. Gli Amu Daria non sono di quelle zone ma provengono da Klang Royal Town, in Malesia, si formano nel 2019, sono composti da membri di Invalid Format, Aster e Break Free e suonano uno screamo influenzato da Tristan Tzara, Louise Cyphre e Jeromes Dream. L’EP, nell’edizione Zegema non più demo, ma omonimo, ha 6 tracce. Il loro screamo si compone di una chitarra eloquente, classiche entrate a gamba tesa e un comparto ritmico fitto e tumultuoso. Sempre però arriva il momento del silenzio accompagnato da riprese carezzevoli, momenti più riflessivi e di rielaborazione della rabbia (“Black & White”) lancinati poi da squassi emotivi che portano inevitabilmente alle crescita di tensione e al seguente crollo esangue, oppure, come nella conclusiva “A Fire that never Fades”, a una patetica (nel senso di pathos) reiterazione ad infinitum. Tanta immediatezza, profondo livore, attacchi violenti e nevrotici incontrollati passando per mazzate emoviolence e accenni di malinconico post-rock. L’EP è una breve gemma nera, funziona, è gradevole e val bene un ascolto. E gli Amu Daria sembrano avere già le idee chiare in termini di scrittura e resa. Buona la prima!
7.0
Poetry of Torch / Agak > Split
(Tape – Zegema Beach)
Uscito in digitale a giugno, pure lo split fra i giapponesi Poetry of Torch e Agak viene ripescato e pubblicato in cassetta dalla Zegema Beach. I primi sono un trio con all’attivo solo uno split a 4 (con i malesi Inquiry Last Scenary, i Bethari da Singapore e Mar Negro), gli Agak vengono da Tokyo e hanno una discografia leggermente più corposa comprendente pure uno split a 4 insieme ai Coma Regalia. Lo split, composto da quattro tracce, ne prevede tre per i Poetry of Torch e la conclusiva, più corposa nel minutaggio per gli Agak. Siamo nei territori dello screamo per entrambi, solo che i Poetry of Torch lo intendono furioso, straight to the point, con minutaggi brevi e strutture condensate. Il loro lotto di emoviolence è impeccabile, caotico al punto giusto, dalle velocità sostenute, con una sezione ritmica massacrante e regala grandi emozioni (ascoltare “Rotou” per credere). Gli Agak hanno bisogno di più tempo per svelarsi e il loro screamo ha delle contaminazioni post-hardcore. Detta brutalmente: maggiormente vicini alla scuola Envy, di cui tra l’altro hanno coverizzato “Angel’s Curse”. Per cui, sì, anche spoken words, ripartenze incalzanti, un lungo ingresso frastornante e rumoroso. Ma soprattutto la struttura della loro “ishi” è molto più elaborata e meno immediata rispetto alla controparte di questo split. Due tradizioni al confronto, insomma, per uno split che piace e che ci dà modo di conoscere due nuove band orientali da seguire. Io, almeno i Poetry of Torch, li terrò d’occhio!
7.0
Apostles of Eris / Pique > Split
(LP / Tape – Clever Eagle, Larry Records, Zegema Beach)
I Pique, per chi almeno segue le vicende dello screamo italiano, non sono certo un nome nuovo, avendo fatto uno split a 4 che comprendeva pure i pugliesi chivàla e coprodotto dalla Shove. Gli Apostles of Eris invece ci suonano come una novità. Lo split tra le due band è uscito in vinile e cassetta a dicembre e presenta sette brani a testa. Inizialmente doveva trattarsi di due lavori differenti ma data l’amicizia tra le band si è optato per questo genere di uscita. Gli Apostles of Eris sono ruvidi, imprecisi, scostanti; dunque perfetti. La voce è harsh, appena intuibile, musicalmente invece sono formidabili, sgraziati e furiosi, a volte con la testa per aria a disegnare arzigogoli, altre a testa bassa con affondi incredibili. In generale grande capacità evocativa e brani ricchissimi di vibrazioni. I Pique vivono di umori contrastanti, giocano su un’enorme scala cromatica e snocciolano idee a profusione, tra momenti noise, soluzioni interamente strumentali. “My DIY is not their DIY” è la gemma del loro lotto. E tutto lo split sa di nostalgia e perdita.
7.5
Hexis > Exstirpo/Exsorbeo
(6″ – WOOAAARGH, Hydrogen Man, Moment of Collapse, 5FeetUnder, Abekeit, Rakkerpak, Holy Goat, Dingleberry, Bad Moon Rising, Dance Happy Doom Crew)
Da Copenaghen gli Hexis decidono di festeggiare i 10 anni dalla propria formazione regalando ai fan un EP che è un piccolo (anzi, un minuscolo) gioiellino. Quattro minuti scarsi di musica densa e oscura, molto meno propensa, anche visto il formato, alle divagazioni “post” un po’ dispersive delle release precedenti e più incentrata sul lato blackened hardcore della proposta della band, che a me qui tanto ricorda i nostri amati O. Il viaggio inizia e si conclude in una manciata di minuti, aprendo la pista col martellare convulso di “Exstirpo” e dilatandosi, per poi chiudersi in dissolvenza, con la più atmosferica “Exsorbeo”. Una gitarella da non perdersi nel mondo di questi fantasiosi danesi.
7.0
Soul Glo > Songs to Yeet at the Sun
(LP / Tape – Secret Voice)
Sono stato raggiunto dalla scoperta dei Soul Glo come da un’epifania un paio di settimane fa e da allora non riesco più a fare a meno del loro ultimo EP, Songs to Yeet At The Sun, che fonde in maniera folle e, e non esagero, visionaria hardcore punk, rap, noise e grind, in un carnevale da suburb che incanta e spaventa. I primi due episodi del lavoro ci presentano una band di giovani incazzati che iniziano con gli Infant Island e finiscono con i La Dispute, per poi passare, nel brano centrale “2K”, per un rap aggressivo ma molto sofisticato che mi ha deliziato più di quanto avrei sperato. Si chiude con la cacofonica “Mathed Up” e la grindeggiante e cattivissima “I’m on Probation”. Da Philadelphia ci giunge così confezionata questa devastante mina consigliata a tutti, fan o meno delle sonorità sopra descritte. Del resto, come non fidarsi di una band hardcore che ha come slogan “The nigga in me is me”?
7.5
OZIGIRI > おじぎりなら死にましたけど?
(Digital – Self Release)
Cosa succederebbe se i Pig Destroyer si mettessero a scrivere sigle di anime? E se gli Agoraphobic Nosebleed mandassero tutto a culo e decidessero di mischiare l’hardbass con la musichetta del tamagotchi? A questa e ad altre domande che non vi siete mai posti risponde con il suo EP del novembre 2020 il nipponico OZIGIRI, con un miscuglio di elettronica, grindcore (che a usare molta fantasia ricorda i Genghis Tron) e altre cose tipo l’electroswing e la dance. Ho scoperto questo lavoro cazzeggiando su Bandcamp al posto di fare qualcosa di sicuramente più produttivo e ho deciso di dargli una possibilità. A un primo ascolto può sembrare una montagna di sample messi assieme a muzzo, ma un orecchio acritico non mancherà di cogliervi spunti decisamente interessanti, pur se affiancati, a tratti, da sbrodolamenti dance per cui faccio fatica a trovare un senso. Dategli una possibilità. Vi sfido.