La sesta puntata di Scremature, che contiene alcune schegge impazzite uscite tra febbraio e marzo 2021, è sicuramente tra le più eclettiche della nostra giovane rubrica. C’è lo screamo propriamente detto, ovviamente, come quello di Delorean, Defacto En Scripture e Rainmaking, ma anche quello assolutamente pazzo di Xonto e mis sueños son de tu adìos. Ma parliamo pure del deathcore/beatdown degli Hazing Over, o dell’hardcore sporcato di sludge e screamo dei Kavrila, o ancora del bipolarismo dei misteriosi Sugar Wounds, un necessario punto di incontro tra Alcest e Genghis Tron. Insomma: ce n’è, come sempre, per tutti i gusti.
Articolo a cura di Santo Premoli, Davide Brioschi, Diego Ruggeri, Marina Borodi, Francesco Paladino.
Delorean > Discography
(Digital, Tape – Larry Records, Peripheral Anxiety)
I Delorean erano un duo screamo di Philadelphia attivo circa dieci anni fa. Sconosciuti oggi come all’epoca, hanno però scritto una manciata di canzoni “interessantissime”. Scovati dalla neonata Peripheral Anxiety, label che si occuperà solo di band sciolte, lavori incompleti, bootleg e roba così, la loro discografia è uscita in tape, già sold out, per Larry Records e la succitata Peripheral Anxiety. Discography raccoglie una demo e frammenti di un EP che non venne mai pubblicato. Il loro screamo è necessariamente lo-fi, imprevedibile e impreciso, pieno di tic e con un buon senso del gusto. I brani nella loro incompiutezza sono comunque dei gioiellini. Basti pensare al lotto delle tracce strumentali (“Frag I” e seguenti), ricche di sbafi, impurità e per dirlo con una parola pieno di verità. Se da un lato Discography ce lo godiamo per quello che è, col suo potenziale inesploso, e a noi che piacciono i Daïtro ci rendiamo conto di essere nel posto giusto, dall’altro non possiamo non farci trascinare in territori che contemplano il sublime dell’imperfezione, del “sarebbe potuto essere” e pensare che un giorno in un garage di Philadelphia c’erano due tizi che suonavano questa roba. Discography è una delle tante storie punk disseminate per il pianeta, altrimenti perduta e dimenticata per sempre, non foss’altro che per quest’edizione.
7.0
Xonto – Robot A
(CD, Autoprodotto – Tape, Tomb Tree Tapes)
Giapponesi al primo lavoro, gli Xonto pubblicano un cd autoprodotto e un’edizione in cassetta curata invece da Tomb Tree Tapes. Robot A presenta quattro canzoni e tante ospitate (presenti i cantati di Agak, Raika e Harvest Four Season). Che sono giapponesi lo si capisce subito, non appena aprono bocca, e non già solo per la lingua, ma per un approccio particolarissimo alla voce, buttato lì; sotto un tappeto massiccio e granitico di post-hardcore, un riffing secco ed insolito. In genere è tutta la sezione ritmica a funzionare nella sua impotenza, un terremoto sregolato che accompagna una scrittura sensibilmente tortuosa al limite fra screamo e un post-hardcore assennato con picchi di eclettismo. Il meglio lo danno quando si prendono del tempo per generare tensione e accumularla in crescendo avvolgenti e complessi. Non un lavoro imprescindibile ma un’ulteriore buona testimonianza di quanto accade nel Sol Levante.
6.5
Hazing Over > Pestilence
(Digitale, Vinile – Acrobat Unstable)
Gli Hazing Over non sono semplicemente nati dalle ceneri della band screamo Shin Guard ma hanno proprio cambiato nome e genere passando da uno screamo intriso di emo e math a quello che invece ci propongono in questo primo EP, Pestilence. Che esce in digitale e in vinile per la Acrobat Unstable e che presenta quattro tracce. Deathcore, beatdown e metallic hardcore sugli scudi, il quintetto di Pittsburgh sembra voler prendere le mosse dalle lezioni di Emmure e Code Orange ma pure, perché no?, dei Fear Factory. Tantissimo groove, elementi math, pesantezza spaventosa, breakdown contorti, tanti tecnicismi e una buona dose di imprevedibilità. Nonostante giganteggi un muro impressionante di riff, non si può dire che gli Hazing Over siano un gruppo quadrato. Sono tante le sorprese dell’EP, ascoltate la conclusiva “Ungodly” per credere. Cambio di pelle interessante. Se amate queste sonorità, il consiglio è di dargli una chance.
7.0
mis sueños son de tu adìos > singles / demos / covers
(Tape – Larry Records)
Questo mese Larry Records ha pubblicato il nuovo lavoro della one man band argentina mis sueños son de tu adiós che contiene diversi brani già pubblicati in versione demo a febbraio all’interno dell’album di cui stiamo per parlare: Singles / Demos / Covers. Una raccolta di brani altrimenti introvabili insomma. I brani che ritroverete rimasterizzati nel nuovo pàginas_muertas in fondo sono solo tre, abbozzati nella loro forma definitiva, ma lo-fi in tutto. Che è poi la cifra stilistica che contraddistingue questo progetto. Brevissime schegge schizofreniche che contemplano imperfezioni e un senso del gusto unico, fatto di disordine e confusione. Per farvi un’idea a grandi linee, i brani non seguono nessun percorso logico, cover, demo e singoli sono mischiati in un collage che vede persino l’intro posta come seconda traccia. Le coordinate sono quelle dello screamo / emoviolence ovviamente. Molto gradevoli i singoli “Buscar”, ed è sicuramente il blocco più valido che si muove fra brani brevissimi ed altri, invece, molto più lunghi, si vedano i sei minuti di “nunca mas me quiero despertar” (sì, è vero, il minuto e mezzo iniziale è fatto di solo silenzio) che è una mina rumorosa e disturbante, la voce va per i fatti suoi, incurante di toni ed eleganza. Le cover infine sono tre. Una, bellissima, di 3 degli iwrotehaikusaboutcannibalisminyouryearbook, una mina di 13 secondi cover della band powerviolence No Comment e infine, ed è anche il pezzo di chiusura, una cover dei cileni Joh Lutheria, una band di metalcore che mi fa pensare a robe tipo Atreyu, che però sembra essere plagiare a più riprese “Broken Home” dei Papa Roach. Non c’è nulla di sano in questa raccolta.
7.0
Kavrila > Rituals III
(Vinile – Narshardaa)
Terzo e ultimo EP della serie “Rituals” per i tedeschi Kavrila. Dal 2016 vomitano odio sotto forma di hardcore fortemente influenzato da tutto ciò che ci piace: sludge e screamo con sprazzi di melodie malinconiche. Quattro brani per un totale di poco più di 16 minuti fatti di pura visceralità: “Sunday” apre con un una verve melodica che viene smorzata dalle declamazioni del frontman Alex Bujack, che in tutta la durata del disco mette in luce una certa versatilità dietro al microfono. Riff granitici e cadenze doom come nel brano “Longing” rendono l’ascolto asfissiante e decadente. La breve durata dei brani rende diretto il messaggio e l’intenzione del combo: colpire e non lasciare sopravvissuti. Buon ascolto.
7.0
Sugar Wounds > Calico Dreams
(Digitale – Indipendente)
Un bel gatto grigio e bianco e la località Myrtle Beach, South Carolina, sono tutto quello che su Bandcamp (e nel vasto pozzo della rete in generale, per quello che sono riuscito a scoprire) identifica l’artista Sugar Wounds, che il 25 marzo scorso ha rilasciato il proprio secondo lavoro, Calico Dreams. Definire un artista visionario è quasi sempre eccessivo, e infatti non lo farò, ma dell’autore di questa vera gemma della musica estrema dirò senza dubbio che è un fine sperimentatore e un ricercato esteta: le innumerevoli influenze presenti in Calico Dreams si corteggiano e fanno a botte come degli adolescenti ad una festa, accompagnandosi affettuosamente durante tutta la durata dei brani. Pezzi come la titletrack, col suo elettropunk, o “Combat Wombat”, col suo hardcore ibrido e furioso, fanno saltare sul posto mentre li si ascolta, fronteggiati da freddi torrenti come la opener “Every Color”, in cui bisogna essere sordi per non sentire i Deafheaven più crudi, o la conclusiva e nostalgica (per quanto un brano grind/post possa esserlo) “Goodnight Midnight”. Un album, in definitiva, in cui tutte le etichette di genere vanno a farsi benedire in qualcosa che potremmo chiamare grindgaze (ma che fa ridere solo a dirlo), in cui emozioni contrastanti si sposano alla perfezione sullo sfondo si un inferno pieno di macchine tritaossa e gattini. Il punto d’incontro, assolutamente non definitivo ma fondamentale, tra i vecchi Genghis Tron e gli Alcest, la spietatezza dell’arido deserto e la tenerezza della notte d’estate in un unico disco di poco più di dieci minuti. Geniale.
8.5
Defacto En Scripture > What Happens, Happens
(Digitale, CD – Middle-Man Records)
Uscito il 5 febbraio per Middle-Man Records, alla quale dobbiamo uscite come Sympathetic Nerves dei Déraciné e Vows dei Living Conditions, What Happens, Happens è la prima pubblicazione dei Defacto En Scripture. L’EP, composto da quattro tracce, regala un’esperienza sonora in stile post-hardcore old school. Le parti melodiche si contrappongono a quelle più aggressive, creando un ascolto bilanciato che ricorda molto i Saetia, soprattutto in “A Muse For You”. Questa è la traccia più strutturata dell’EP: lo screamo e i clean vengono alternati su un tappeto sonoro stratificato grazie alle differenti linee melodiche “arpeggianti” create dalle chitarre. Anche “Invisibile Ink” non è da meno: le linee vocali e i cori urlati vengono legati indissolubilmente da sonorità aggressive in alcuni tratti e nostalgiche in altri. What Happens, Happens è un EP essenziale, che colpisce l’ascoltatore con sonorità incisive e atmosfere malinconiche.
7.0
Rainmaking > Rainmaking
(Digitale – Indipendente, 10″ lathe – Larry Records)
Al nome di Rainmaking – da non confondere con i Rainmaker – risponde un terzetto di Portland che ha esordito a febbraio 2021 con un EP omonimo autopubblicato su Bandcamp, che da giugno sarà disponibile in formato 10″ lathe per Larry Records. Di loro si sa poco – d’altronde si considerano una band mysterious gay hardcore – se non che si tratta praticamente di una nuova incarnazione dei The Sky Above And Earth Below, inattivi all’incirca dal 2017. In questo nuovo EP la band si dissocia da alcune divagazioni emo/crust della vita precedente, elimina qualche sovrastruttura e arriva a uno screamo minimale ma ben articolato che non dimentica, specialmente per produzione e attitudine, le radici punk del genere. Diretti, grezzi e irrimediabilmente sofferti, i cinque brani scorrono via con enorme facilità, malgrado non manchino diversi step di elaborazione, in una declinazione dello screamo invero più europea che statunitense. Non c’è assolutamente una cosa fuori posto che sia una, tra grida sgraziate e disperate, quadrature ritmiche, up-tempo furiosi, ritmiche spezzate e quella sempre apprezzabile impressione di sentirsi rincuorati da musica in realtà tristissima. Esordio – si fa per dire – con grande potenziale per una band da non perdere di vista.