I norvegesi She Said Destroy hanno preso sicuramente alla lettera il genere post-metal, ma nella sua più ampia accezione. Con la loro ultima fatica Succession esplorano in lungo e largo il mare magnum dell’extreme metal, dando alle stampe undici pezzi nei quali si affacciano le influenze più disparate, dal death melodico al doom, dal thrash al black, fino a toccare lidi più squisitamente post-black. Oltre ogni tipo di metal canonico dunque, “post-tutto”. Se questa eccessiva poliedricità può suonare strana e tratteggiare una band assolutamente incostante va segnalato che questo lavoro comprende brani registrati in un arco di tempo di ben dodici anni (dal 2007 al 2019), periodo questo durante il quale il gruppo è sicuramente entrato in contatto con altre influenze musicali, o semplicemente si è focalizzato su altri interessi e generi.
Abbiamo pertanto tra le mani un album incredibilmente sfaccettato, con stili e approcci che variano continuamente, da canzone a canzone: anche la stessa interpretazione vocalica risulta multiforme, spaziando con disinvoltura tra lo scream acido, il growl gutturale e qualche sporadico passaggio in pulito. Da un punto di vista prettamente tecnico rimane costante il tentativo dei Nostri di donare una certa vena melodica ai loro pezzi, la quale permette loro di risultare più fruibili e fornisce all’ascoltatore qualche appoggio da sfruttare per raccapezzarsi al meglio nella loro proposta : questa si traduce ora in tappeti tastieristici classicheggianti e d’atmosfera che richiamano i So Hideous più teatrali, ora in linee chitarristiche anche ai limite del groove metal. Lontano dall’essere un lavoro essenziale per il genere, qualunque esso sia, va riconosciuto che i She Said Destroy sanno il fatto loro in termini di costruzione dei pezzi, e sono in grado di mantenere vivo l’interesse dell’ascoltatore nella gran parte dei brani, merito anche di un minutaggio contenuto previsto per ognuno di essi che li rende nella maggior parte dei casi godibili senza stancare. Indicare un pezzo preferito o rappresentativo per Succession è praticamente impossibile data la sua natura sfaccettata, senza contare che è quanto mai una percezione soggettiva che può portare un ascoltatore a privilegiare una canzone piuttosto che un’altra solo perché, magari, questi predilige un determinato genere e di conseguenza è più propenso a valutare con maggiore attenzione i brani in cui questo la fa da padrone. A titolo esemplificativo per cercare di distillare al meglio lo stile dei norvegesi troviamo interessanti e degni di nota brani come “Eyes Go Pale”, “You Will End”, “Sharpening The Blade”, “All The King’s Horses” , “Collapse” e la titletrack “Succession”.
Insomma, più che un album di inediti vero e proprio Succession è una compilation che i She Said Destroy hanno imbastito come ponte virtuale per collegare tutti gli anni di mancate produzioni discografiche. Il risultato è un po’ fine a sé stesso, non fornendo indicazioni su quale potrà essere la direzione che i Nostri vorranno seguire e non permettendo all’ascoltatore medio di aver riferimenti certi all’interno di ogni pezzo. Un difetto ma anche un pregio se vogliamo, dato che alla fine abbiamo un disco divertente, di impatto, non facile ma tutto sommato piacevole. Va premiata la voglia dei Nostri di mettersi in gioco e di tornare dopo anni di silenzio con qualcosa che, immaginiamo, potrà essere usato come base per i prossimi lavori.
(Mas-Kina Recordings, 2021)
1. To Ourselves The World Entire
2. Eyes Go Pale
3. Our Will Be Done
4. You Will End
5. Greed Witches
6. Sharpening The Blade
7. All The King’s Horses
8. Collapse
9. Not Only Bridges
10. Ruin
11. Succession