Silvia Cignoli è una musicista eclettica che riesce a muoversi a proprio agio in ogni contesto sonoro in cui decide di calarsi. Sono, come spesso accade, i suoi ascolti e i suoi studi a portarle in dote questa invidiabile capacità, tutt’altro che capillarmente diffusa. Non è quindi per nulla casuale che il suo sia – da sempre – un suono di reale ricerca, che si muove senza dare punti di riferimento. I suoi album sono stati – da più parti – definiti come “musica contemporanea”, definizione che mi trova in totale disaccordo, dato che considero il suo sound, e il suo approccio, guardino chiaramente all’assenza di “tempo”, e siano impossibili da contestualizzare in modo così settario. Silvia è all’interno di un processo di crescita esponenziale, che le consente di ridefinire i confini, e i contorni, di quella che è la sua proposta musicale, in modo costante, e continuo. Non è – come detto – impresa facile provare a definire in modo netto e inequivocabile il suo itinere. Sono le continue e sfumature che caratterizzano i suoi dischi a parlare per noi deputati alla “critica”.
Il titolo dell’album si rifà alla natura e ai suoi elementi costituenti, filtrati attraverso una lente postimpressionista che permette continue mutazioni di stato. Il tutto reso ancor più deciso dai richiami al pittore fiammingo Jan Brueghel il Giovane e all’iconografia delle Allegorie. Quello che però più conta è l’approccio concreto al disco, costruito attraverso i movimenti contrapposti e ascendenti delle indicazioni agogiche, e suddiviso in quattro distinti momenti oltre a un epilogo o postludio. Il tutto realizzato in presa diretta per permettere una maggiore interazione con quel senso di immersione che in sede live penso possa trovare la sua massima, e migliore espressione. Il suo è un album in quattro (più una) parti che suona però – fortunatamente – in modo omogeneo, sovrapponibile, ma al tempo stesso distinto.
Rispetto a The Warmehall, uscito cinque anni fa, il suono si rivela come maggiormente rarefatto, grazie ad una profondità e un calore che crescono quasi in sincrono, senza perdere mai il fuoco, finendo per adagiarsi con costanti progressioni / regressioni, che si ripetono costantemente, e che sono al centro di ogni disegno sonoro di Silvia, che si mostra come l’unica vera, e coerente padrona dell’universo che ha creato e che difende e cura. Allegory of Earth and Water ci permette di entrare nella sua anima più recondita, aprendo davanti a noi una successione di imprevedibili soluzioni armoniche caldissime. La Nostra padroneggia i suoni in modo elegante, delicato, seducente, armonioso – di non facile assimilazione, introspettivo ai limiti dell’intimismo, che non invade ma si insinua delicatamente, senza eccedere mai, senza gridare, senza isterismi.
(ROHS! Records, 2024)
1. I – Silente
2. II – Schiudente
3. III – Levante
4. IV – Radiante
5. Postlude – Elegy Of Dispersed Energy