Gli amanti del Cascadian Black Metal avranno sicuramente avuto un sussulto quando qualche giorno prima del Natale 2024 il duo Ray Hawes – Isaac Symonds conosciuto come Skagos ha reso disponibile un nuovo lavoro senza darne alcuna notizia nei giorni precedenti. Dopo undici anni di silenzio da Archaic e ben quindici da quel capolavoro che risponde al nome di Ást i Nostri sono usciti dalle nebbie delle foreste dello stato di Washington con Chariot Sun Blazing, un’opera che, lo diciamo subito, di Cascadian ha ben poco, almeno da un punto di vista strettamente sonoro.
Sette pezzi per una quarantina di minuti: già questo è un primo netto cambio di rotta, considerando l’amore che gli Skagos avevano per i pezzi lunghi ed elaborati, e perché no, per le suite. Qui invece hanno puntato al sodo, e non è necessariamente un male dato che ne beneficia (in teoria) l’impatto. Diciamo “in teoria” perché Chariot Sun Blazing è stranamente ostico, non perché sia chissà quanto arzigogolato o labirintico, piuttosto perché è un disco che non ti aspetti da questa band. Non ci sono le cavalcate travolgenti tipiche del Cascadian, non c’è quel senso di timore reverenziale e al tempo stesso quasi di terrore nei confronti della Natura, non si respira l’odore della pioggia e non si odono cascate roboanti in lontananza, ma si è all’opposto pervasi da un’inedita positività, da un calore, come un inno alla vita che rinasce trionfante. La scelta dei suoni poi, con l’introduzione di fiati (il corno e la tuba per esempio) e di archi che innalzano il pathos dei pezzi e, nelle digressioni nelle quali sono impiegati, trasformano le canzoni in trionfi maestosi e travolgenti. Il black metal c’è, sicuramente nel cantato, compare in molti momenti, ma è inframmezzato con gran classe da fughe che sanno di post-rock/post-metal più liquido: alle volte sembra di avere a che fare con canzoni dei Godspeed You! Black Emperor, tale è il piglio teatrale e drammatico che gli Skagos hanno impresso ai loro pezzi. E quando di metal si parla diciamo che siamo più dalle parti di Panopticon che da quelle dei vari WITTR, Alda, Fauna, Agalloch e compagnia (boschiva) cantante: un approccio quindi ai limiti del prog, intelligente, una furia controllata e poetica, partiture mai scontate che beneficiano di inserti acustici e che si avvolgono in spirali non facili da seguire ai primi ascolti. Non è stato semplice infatti entrare nel mondo di Chariot Sun Blazing, non ci aspettavamo proprio un prodotto di questo tipo. Ma alla fine i dubbi iniziali sono stati fugati da ascolti ripetuti che hanno permesso di apprezzare la natura romantica e poetica del disco. Diciamo che, pur essendo uscito nel bel mezzo dell’inverno, sembra quasi essere più un tributo alla forza della Natura che si risveglia dal torpore, e in questo senso i crescendo di matrice post-rock aggiungono maggior forza al misticismo e alla tribalità di alcuni pezzi, si veda ad esempio la conclusiva “An Endless Ocean of Wildflowers”.
Ma quindi in buona sostanza vale la pena perdere del tempo dietro al comeback degli Skagos? Sì, a patto che non vi aspettiate di trovare qualcosa di simile ai precedenti lavori del gruppo. Chariot Sun Blazing è Cascadian in nuce forse, ma tutto intorno ha un mondo nuovo fatto di post-rock, post metal, prog e psichedelia, fini passaggi acustici e complesse stratificazioni black metal. Il tutto concorre a creare un disco interessante, assolutamente non immediato, ma che una volta trovata la chiave interpretativa sa donare emozioni particolari e appaganti. Comunque lo si voglia vedere si tratta a parer nostro di un inaspettato, in parte spiazzante ma assolutamente ben accetto ritorno sulle scene di un gruppo assai importante per una certa scena musicale.
(Autoproduzione, 2024)
1. Risen
2. In The Burned Out Shell
3. Which in Turn Meet the Sea
4. Broken Branches November Moon
5. Ecstasy Draws its Wings
6. Whose Wings Call Forth the Tides
7. And Endless Ocean of Wildflowers7.0