Australia: terra di spiagge assolate, fauna esotica e post-rock. Certo, l’ultimo elemento sembra stridere con il resto della tripletta, ma in effetti le referenze della scena australiana sono molteplici – basti pensare ai buoni risultati ottenuti di recente da We Lost The Sea, Dumbsaint e Meniscus. Tra i padrini di questa corrente, nonché più acclamati rappresentanti, si ergono gli sleepmakeswaves, che giungono con Made Of Breath Only al traguardo del terzo full length. Il quartetto di Sydney è una delle band che ha coniato il post-rock contemporaneo e come sempre in questi casi, e in questo ambito, non c’è da aspettarsi una rivoluzione stilistica o chissà quale colpo di testa. In effetti è così, gli elementi sono ordinati, ognuno al loro posto, come potrebbero esserlo i libri sullo scaffale dell’occhialuto chitarrista Otto Wicks-Green. Questo, però, non nega a Made Of Breath Only la possibilità di lasciarsi ascoltare attentamente, con piacere e, perché no, con qualche emozione.
Gli sleepmakeswaves hanno da sempre privilegiato un approccio rock alla questione, distante dal sinfonismo ricercato di altre band di peso del panorama (come i Mono, per citarne una), trovando con il passare degli album una cifra sempre più personale. In quest’ultimo lavoro, malgrado l’etereo titolo, accentuano proprio l’aspetto diretto, da live e fortemente guitar-oriented del proprio sound. E’ infatti il riff o la melodia di chitarra a costituire l’elemento centrale dei brani, quasi sempre più brevi e concisi che in passato, e ne rappresentano anche il lato più catchy: impossibile non memorizzare in pochi ascolti i riff spezzati e circolari di “Worlds Away” e la dinamica “Tundra”. La sezione ritmica supporta in maniera egregia le plettrate e gli EBow dei chitarristi tramite pattern complessi, ai limiti del math (“To Light And/Then Return”), intriganti e mai banali. Tim Adderley pesta le pelli senza fare troppi complimenti; Alex Wilson disegna trame intelligenti che saldano i brani al mondo terreno, impedendone l’apoteosi, e non trascura il proprio interesse per la componente elettronica, colonna portante dell’architettura della band sin dagli esordi. Certo, i momenti onirici non mancano di presentarsi in diversi momenti della tracklist, e specialmente nella seconda parte si fanno più vivi (“Midnight Sun”), per collimare poi nella monumentale, e conclusiva, “Hailstones”, connubio delle diverse anime del disco, da quella più heavy all’elettronica, passando per un intermezzo semiacustico.
Certo, stiamo parlando di un album post-rock uscito nel 2017: i crismi del genere ci sono tutti, e se non vi piacciono avrete già chiuso questa pagina dopo aver letto la prima riga. Se, invece, grandeur epica e crescendo mozzafiato sono il vostro pane quotidiano, questo è un disco che fa per voi. Abbiamo preferito sottolineare in sede di recensione ciò che rende Made of Breath Only un album interessante e, nei limiti del genere, distante dalla massa. Non è un capolavoro, ma è senza dubbio un disco da ascoltare e da apprezzare, perché è innegabile che gli sleepmakeswaves siano dei pezzi da novanta del rock strumentale, e oggi lo confermano ancora una volta.
(Pelagic Records, 2017)
01. Our Days Were Polar
02. Worlds Away
03. To Light and/Then Return
04. Tundra
05. The Edge of Everything
06. Made of Breath Only
07. Into the Arms of Ghosts
08. Midnight Sun
09. Glacial
10. Hailstones