Direttamente da Colonia ecco comparire una nuova band dedita al rock psichedelico chiamata Smokemaster. Il quintetto tedesco in realtà aggiunge anche altri elementi derivanti da altri generi pur comunque rimanendo nei ranghi come moltissimi colleghi di questa new wave di richiamo agli anni 60’ e 70’. Il disco omonimo d’esordio si avvale anche della collaborazione in studio di Eoc, che forse qualcuno ricorda come il batterista di una band di culto del krautrock chiamata Grobschnitt.
L’album da un lato è la classica compilation di tutti gli elementi che hanno reso grande la scena, ma per fortuna ha anche dalla sua una buona dose di forza espressiva seppur derivativa. Le influenze sono tante e vengono fuori in maniera abbastanza palese. Emerge lo spettro dei My Sleeping Karma nelle melodie liquido/eleganti di “Solar Flares”, traccia che si indurisce diventando space rock con assoli hendrixiani ed un lavoro alla sei corde che ricorda non poco anche i Pink Floyd accompagnata dalle tastiere settantiane sempre presenti. In taluni casi emergono anche i Deep Purple e lo si percepisce nell’hard rock infuocato di “Trippin’ Blues” inserendo anche la voce calda del singer Björnson che si combina ottimamente con le sfumature acid rock alla Iron Butterfly presenti nel pezzo. C’è tanta passione e viene incanalata al meglio creando un’energia contagiosa grazie ad espedienti come l’uso dell’armonica e dell’hammond combinati a viaggi psichedelici con impennate più heavy psych (“Ear of the Universe”), pennellate country in forma di ballad forse un po’ scontate ma gradevoli (“Sunrise in the Canyon”) o le bordate stoner di “Astronaut of Love” con quel piglio hard e quell’hammond innalzato al firmamento. Il finale si chiama “Astral Traveller” ed al contrario del titolo non è così lunga o eccessivamente dilatata ma si focalizza su sensazioni miste come la chitarra incattivita dopo una parte iniziale placida che lascia poi il posto ad un organo ispiratissimo ed evocativo, preparando il terreno per un lunghissimo assolo del chitarrista accompagnato da un basso tonante. C’è la sensazione di già sentito e qualche momento di stanca compare inevitabilmente, eppure quella magia, che solo i migliori possono tirare fuori, riesce ad uscire dagli strumenti permettendo alla band di riuscire a distinguersi grazie alla qualità.
Non un capolavoro, non la svolta del rock psichedelico, ma gli Smokemaster riescono nell’impresa di farsi apprezzare rimanendo dentro i confini. Si spera che con i prossimi album si arrivi a qualcosa di più.
(Tonzonen Records, 2020)
1. Solar Flares
2. Trippin’ Blues
3. Ear Of The Universe
4. Sunrise In The Canyon
5. Astronaut Of Love
6. Astral Traveller