Stabilitasi la formazione nel 2020, quella dei Soft Ffog è una miscela estremamente interessante e tutta la loro inventiva confluisce in Soft Ffog, primo meraviglioso disco della band norvegese, disco che per altro segna l’avvio di attività della Is It Jazz? Records e per come la vedo, è difficile iniziare meglio di così.
Soft Ffog è un disco camaleontico in cui una pletora di stili e influenze si mescolano per dare vita a un essere multicolore e pieno di vitalità. Una di quelle rare occasioni in cui veramente il prog settantiano e il jazz si fondono insieme alla perfezione. Si tratta di un lavoro enormemente vasto, in cui lo spirito della scoperta e dell’esplorazione sono cose fondamentali richieste all’ascoltatore, sì perché nonostante il disco sia composto da soli quattro pezzi ognuno di essi musica uno spazio grande quanto un continente. Drumming, virtuosismi chitarristici e tappeti tastieristici che ricordano le musiche che accompagnavano la serie animata di Peanuts sono legati assieme a un lavoro di basso corposo e intriso di un groove rude, ma dannatamente catchy. Tutto questo è privo di voce, cosa assai superflua quando sono gli strumenti a cantare e lo fanno con una fantasia invidiabile. Quello che è davvero incredibile è come questa band riesca a mettere d’accordo ascoltatori di King Crimson, Goblin, Al Di Meola, Dave Brubeck e Black Sabbath senza nessun bisogno di artificio alcuno. Tutta la musica qui è un fuoco d’artificio.
Non è in alcun modo un ascolto semplice, proprio mai, al contrario, ci sono brani che possono mettere davvero in difficoltà chi ascolta, ma solo se ci si concentra troppo. Non bisogna farlo, Soft Ffog è un disco che va ascoltato con trasporto, lasciando che le note fluiscano come l’acqua in un torrente. Lasciamoci trasportare da questo fiume di note così vivaci.
(Is It Jazz? Records, 2022)
1.Chun Li
2.Zangief
3.Ken
4.Dhalsim