Dopo il precedente Awake del 2021 gli americani SOM iniziano un nuovo eccellente percorso con The Shape of Everything. Un disco ricco di spunti notevoli prodotto per l’etichetta tedesca Pelagic Records, di base a Berlino. Le sonorità restano solide e rocciose, seguendo il mood shoegaze e sperimentale dei vecchi lavori; nelle ritmiche infernali troviamo quel giusto tiro post metal, con distorsioni ampie che avvolgono la linea vocale melodica.
I primi singoli, tre brani collegati tra loro, danno il via a questa nuova opera. È chiara sin da subito la missione precisa di questo collettivo, che vuole trasmettere qualcosa di personale e grintoso, colorato da innumerevoli tinte sognanti. “Moment” si risveglia da un lungo sonno su una danza martellante delle chitarre, sospesa da una tecnica sopraffina e un sound fresco e originale. La voce dolce e malinconica si agita dentro un bridge sensazionale, che completa la composizione nel silenzio. In “Animals”, invece, il delay stupendo esplode nel vuoto con una delicatezza infinita; qui le influenze di band stile Deftones e Biffy Clyro disegnano un cammino ipnotico sul groove ruvido di basso e batteria. Una traccia incredibile, che trasmette una sensazione struggente. “Center” chiude il primo trittico di brani con il suo tappeto di riff matematici, impreziositi dall’atmosfera dolce e rilassante del ritornello orecchiabile, per una sinfonia solida. Con “Shape” il tiro incendiario della chitarra ci porta su un’altra dimensione dove una vibrazione pesante dà un sussulto notevole al sottosuolo, lasciando un piccolo spiraglio al bridge sensibile. Sulle note di “Clocks” invece si sente tutta la vena artistica che sfocia nel progressive metal stile Katatonia; le melodie preziose, adatte a raccontare una fiaba, rendono il brano soffice e incantevole. “Wrong” segue la scia carica di sentimenti, colorando l’ambiente di piccoli ricordi dimenticati; una sorta di ballata godibile. Alla fine dell’album troviamo due pezzi monolitici, che stravolgono il viaggio. “Heart Attack” si chiude nell’oscurità, come un’onda carica di odio e sofferenza; nel suono del basso graffiante le chitarre dilaniano la struttura in modo unico. Chiudiamo con “Son of Winter”: un gigante, che a passi lenti e enormi, entra in un mondo dissonante senza via d’uscita. Un grande brano, energico e ambizioso.
In questo suggestivo capitolo i SOM vanno a comporre un insieme di sinfonie magiche e rilassanti, spesso travolte da una rabbia repressa e una tecnica indiscussa. Un buon disco da gustarsi a luce spenta, tutto d’un fiato.
(Pelagic Records, 2022)
1. Moment
2. Animals
3. Center
4. Shape
5. Clocks
6. Wrong
7. Heart Attack
8. Son of Winter