Tremate tutti, gli Spire sono tornati, ed è un ritorno in grande stile. A distanza di ben cinque anni dall’ottimo debutto Entropy, la Sentient Ruin Laboratories (prolifica etichetta statunitense che annovera nella propria scuderia band del calibro di Aberration, DSKNT, Novae Militiae, Aversio Humanitatis, etc.) pubblica questo Temple Of Khronos, secondo album del duo australiano formato da M.R. e G.A., con base a Brisbane, promotori di una guerra contro i tradizionalismi e le convenzioni del metal e della musica in generale.
Partendo da una base ambient/black metal, il suono si sposta via via verso lidi psichedelici e progressivi, inglobando tante altre sfaccettature del metal estremo con maestria e gusto mai sentiti prima d’ora, portando nuova linfa vitale ad un genere ultimamente già molto evoluto (una volta, un certo Fenriz, parlando degli Spire, li definì come “la direzione che il black metal avrebbe dovuto prendere negli anni ’90”).
Il disco scorre per 40 minuti attraverso atmosfere immensamente evocative e mistiche, arrangiamenti vocali multistrato (sentite il coro del tempio di “Hymn V – Khronos”) e tortuosi passaggi strumentali, accompagnando l’ascoltatore in un viaggio spazio/temporale verso mondi mai esplorati, al capezzale di civiltà evolute primigenie (seguendo la “Teoria degli antichi astronauti”, secondo la quale le antiche civiltà umane hanno avuto contatti con civiltà extraterrestri).
Prestazioni vocali mutaforma, sezione ritmica monumentale e sottofondi ambient/industrial sono le caratteristiche principali del disco, il tutto condito da un suono pulito ed una produzione impeccabile; come esempio di tutto ciò si può citare “Hymn II – Tormentor”, che, con i suoi 10 minuti e oltre, unisce blast-beat, mid-tempo e riff lenti in stile death/doom, con una varietà di stili vocali mostruosa (paragonabile solo al Mike Patton più ispirato). Altri episodi da segnalare sono il mostruoso colosso prog rappresentato da “Hymn IV – Puissant”, dall’incedere lento e maestoso, con cori solenni e le chitarre a disegnare melodie sognanti (in certi punti ricordano un po’ i Septiclesh) o “Hymn III – Harbinger”, vero e proprio manifesto delle intenzioni degli Spire, maligna ed evocativa, con la voce che passa da litanie recitate a urli belluini e la batteria sugli scudi per tutta la durata del pezzo.
Proprio parlando della voce bisogna fare una considerazione: in un disco black metal (anche se non fossilizzato sugli stilemi tipici del genere, viste le varie forme della band all’interno del disco) non ho mai sentito una moltitudine di stili vocali diversi come negli Spire: voce pulita recitante (in un incrocio tra Nemtheanga dei Primordial e Devin Townsend), urlante come se provenisse dall’inferno, impegnata in growl profondissimi o in qualsiasi modo la si senta, la voce all’interno del disco non riesce mai ad essere scontata.
Tutti i sette brani (cinque “inni”, l’intro “Chronometer” e l’interludio intitolato proprio “Interlude – Antithesis”), presi uno per uno, sono pietre miliari del metal estremo, nel modo più genuino e innovativo che possiate conoscere; questo Temple Of Khronos può sorprendere anche i puristi del black metal nudo e crudo oppure inteso in modo classico, mentre chi è più avvezzo a evoluzioni e sperimentazioni lo adorerà.
Abbandonate il vostro inconscio e i vostri pregiudizi e lasciatevi trascinare dagli Spire e dal loro capolavoro di arte oscura.
(Sentient Ruin Laboratories, 2021)
1.Chronometer
2.Hymn I – Tyrant
3.Hymn II – Tormentor
4.Hymn III – Harbinger
5.Interlude – Antithesis
6.Hymn IV – Puissant
7.Hymn V – Khronos