Visitando la pagina Bandcamp degli Sugar Horse sembra che i Nostri abbiano pubblicato chissà quanti lavori, in realtà il quartetto di Bristol è al suo secondo full con questo The Grand Scheme of Things, un lavoro che si presenta molto appetibile per gli amanti del post-metal più sognante e dalle divagazioni “-gaze”, ma ahinoi non è esente da qualche difetto.
Questi ragazzi hanno un gran potenziale e la tripletta iniziale sta lì a dimostrarlo: corposi muri di suono che solo all’apparenza sembrano essere pesanti e massicci, mentre in realtà nella proposta del combo è forte la componente pulviscolare e, come detto poco sopra, sognante. Cori maestosi, epici crescendo, atmosfere che pescano dagli Underoath più malinconici, dai Thursday, dai Devil Sold His Soul, dai The Elijah, dagli Earth Moves, e da tutto il filone doomgaze che fa capo agli Holy Fawn. Le crepe iniziano a vedersi quando le atmosfere si incupiscono e rendono l’ascolto più complesso e intricato, senza peraltro un motivo ben chiaro. “Mulletproof” e “Spit Beach”, a metà della scaletta, sono due esempi in tal senso, due brani che partono benissimo rispettando quelli che sono i parametri presentati dai tre pezzi che li hanno poi preceduti, salvo poi aggrovigliarsi in spirali doom pesanti e malvagie, che rendono i brani discontinui e poco propensi alla catarsi e all’introspezione, caratteristiche queste che invece meglio si addicono alla proposta degli Sugar Horse. “Jefferson Aeroplane Over the Sea” e la conclusiva “Space Tourist” (prima di sfociare nella sua interminabile e assolutamente inutile coda drone di venti – VENTI – minuti tutti assolutamente uguali) rialzano un po’ il tiro riportando l’album sui canoni iniziali, sebbene non venga comunque raggiunto il livello delle canzoni in apertura. Non è ben chiara la direzione presa dagli Sugar Horse con la loro ultima fatica. Per certi versi The Grand Scheme of Things è un gran bel disco, intenso e pregno di emotività, ma solo fin quando rimane nei binari dello space rock, del doomgaze e del post-metal più rarefatto. Quando invece vira verso soluzioni più arzigogolate, aggressive e oggettivamente fini a sé stesso si perde un po’ il bandolo della matassa, e la voglia di passare alla traccia successiva è purtroppo forte.
Disco interlocutorio, ricco di spunti interessanti ma ancora non ben centrato, una prova che sa un po’ di occasione sprecata insomma.
(Pelagic Records, 2024)
1. The Grand Scheme of Things
2. The Shape of ASMR to Come
3. Corpsing
4. Mulletproof
5. Spit Beach
6. New Dead Elvis
7. Jefferson Aeroplane Over the Sea
8. Office Job Simulator
9. Space Tourist