Il trio Superlynx proviene da Oslo, ma anziché puntare al metal estremo, come potremmo aspettarci, decide di seguire la via dello stoner/doom con voce femminile. In realtà bisogna fare delle precisazioni: a parte la meravigliosa vocalist/bassista Pia Isaksen gli altri due componenti della band provengono da una massiccia gavetta a base di black metal, ci accostiamo dunque all’ascolto con non poca curiosità. Nato nel 2014, il terzetto ha dato alle stampe un paio di dischi parecchio derivativi di colleghi come i Windhand infilandosi nel mezzo di una coda infinita di rappresentanti del genere. LVX del 2016 era classico stoner/doom sentito e risentito, mentre con il successivo New Moon sono passati al lato più psichedelico con qualche variante più pesante e movimentata. Questo nuovo Electric Temple poteva davvero essere la maturazione effettiva, ma qualcosa è andato storto.
In questo album, forse per la prima volta, si sente qualche eco dei trascorsi passati del chitarrista Daniel Bakken e del batterista/tastierista Ole Teigen (ricordiamo che fu alla corte anche dei folli Dødheimsgard). Ascoltando episodi come la psichedelica “Rising Flame” sentiamo un lavoro chitarristico in bilico fra irruenza stoner e derive psych, ma realizzato con un gusto particolare che si ripercuoterà anche in altre tracce. Stesso discorso vale per il drumming che si inasprisce molto in diverse occasioni, come le accelerate estreme nella title track “Electric Temple” o nella nervosa “Apocalypse” con i suoi riff indiavolati. Si percepisce una parvenza di maturazione e di voglia di cambiare e lo dimostrano gli inserti Hendrixiani gonfi di wah wah o la chitarra southern/blues nella splendida “Moonbather”, che deflagra in un susseguirsi imponente di giri acidi. La band non si limita quindi a riprendere le classiche strutture stoner/doom ma cerca di variegarle inserendo piccole finezze ed hook sfiziosi. Ogni tanto tende però a tirare il freno a mano, cadendo in tranelli popolari come la banale “Returning Light” o sfruttando una voce sexy e soave in maniera troppo statica per quanto sia piacevole. Il rischio è di finire nel solito limbo qualitativo nonostante degli interessanti guizzi espressivi, come i tocchi di tastiera presenti in “Then You Move” o nella dark “Siren Sing” dove le vocals sono ad opera del batterista che presenta una bella voce molto intensa. Stesso discorso vale per il fiammeggiante blues della potente “Laws Of Nature” (assolo degno di nota) o il southern di “May” con il suo basso greve ben integrato. Tracce potenti e ben suonate ma che avrebbero potuto rendere molto di più.
L’esperienza accumulata in passato oltre a quella ottenuta con la band attuale avrebbe dovuto far esplodere il gruppo, ma il risultato è interlocutorio non facendo capire dove si voglia andare a parare. Sicuramente è il loro disco migliore finora, ma con un po’ di accuratezza avrebbe potuto risultare ancora migliore. Electric Temple è un buon lavoro che può avvicinare una moltitudine di ascoltatori e finalmente si distacca dal solito minestrone stoner/doom fin troppo insapore del giorno d’oggi.
(Dark Essence Records, 2021)
1. Rising Flame
2. Electric Temple
3. Apocalyps
4. Moonbather
5. Sonic Sacrament
6. Returning Light
7. Laws of Nature
8. Then you Move
9. Siren Sing
10. May