Da sempre di difficile catalogazione, gli inglesi Svalbard raggiungono il disco della maturità con l’importante prova del terzo album.
L’evoluzione del combo è palpabile fin dalle prime note di “Open Wound”: una melodia dal chiaro sapore shoegaze che esplode in un feroce refrain introduce When I Die, Will I Get Better? nel modo migliore possibile. La band ha sempre flirtato con hardcore e crust e questo trademark rimane però piegandosi a una vena malinconica che è tradotta in armonizzazioni delle chitarre assolutamente esemplari. Ogni brano permea infatti di una malinconia tipica di band come Alcest o Lantlos. Mai come in questo lavoro la voce di Serena è punto focale dei brani. Non solo uno scream feroce ma un approccio melodico mai così a fuoco per la band. Lyrics dirette e pesanti come piombo che trattano argomenti come depressione e fragilità interiore. Difficile parlare di una singola traccia, se dovessi far conoscere la band consiglierei l’ascolto di “Listen to Someone” che mostra il lato più intimo del combo – e vi troverete a cantare come un vero e proprio anthem il ritornello Days without eating / Days without sleeping / Days without speaking – oppure il lato più squisitamente hardcore con “Silent Restraint” vicino a gli americani Touché Amoré. Una nota importante riguarda la distribuzione di questo ottimo lavoro. Come molti sapranno When I Die, Will I Get Better? doveva uscire per la label inglese Holy Roar che investita da un vero e proprio scandalo ha visto tutte le band allontarsi dalla stessa. Un grazie quindi a Justine di Church Road Records che ha voluto supportare la band nel delicato momento della pubblicazione del disco.
Il lavoro degli Svalbard è tra le cose più fresche uscite quest’anno e per nessun motivo dovete farvelo scappare. Buon ascolto.
(Church Road Records, 2020)
1. Open Wound
2. Click Bait
3. Throw Your Heart Away
4. Listen To Someone
5. Silent Restraint
6. What Was She Wearing?
7. The Currency Of Beauty
8. Pearlescent