Swans è un nome che mette in soggezione chiunque possa pensare di scrivere di musica, o anche solo parlarne con gli amici, in una tranquilla serata a base di alcol, droga, o quello che vi pare. Qualunque cosa tu possa dire, puoi stare certo che finirai per scontentare qualcuno, che, sentendosi chiamato in causa, in qualità di detentore della verità assoluta in materia, non ti permetterà di terminare il tuo ragionamento, cercando di imporre il proprio dogma incontestabile. Detto questo, ciò che leggerete è, a grandi linee, visto lo spazio concesso, quello che penso di Birthing, diciassettesimo album in studio della band. Se non sarete d’accordo, basterà che vi affacciate alla finestra, per vedere coi vostri occhi l’immensità del cazzo che me ne frega.
Il disco (triplo vinile e doppio CD) raccoglie il materiale creato nel corso del tour che li ha visti in giro per il mondo tra il 2023 e il 2024. Durata che sposa quell’approccio XXL che a partire più o meno da Children of God ce li presenta con album che viaggiano su una distanza mai inferiore ai settanta minuti. Possiamo pensarlo come il settimo album del “secondo avvento”, da quel 2010, anno in cui Gira, rinfrancato dall’esperienza con gli Angels of Light torna a mettere gli Swans al centro della propria esistenza musicale. Settimo album che possiamo pensare di considerare come quello che, ad oggi, è il più potente per la band da quando si è riformata. Quello che, tra le altre cose, stando a quanto lascia trapelare lo stesso Gira, potrebbe essere anche l’ultimo per questa versione 2.0 degli Swans. E se così fosse, non potremmo essere più d’accordo. Se questo deve essere un testamento, è un cazzutissimo testamento, senza alcun dubbio. In attesa della versione futura della band, restando su Birthing, il disco è un viaggio a ritroso in cerca di quella no wave newyorkese che sposava l’avanguardia sonora, caratterizzato da una grande intensità sonora ed emotiva, che, pur senza stravolgere nulla, e senza nulla inventare, ci porta esattamente laddove ci aspettavamo di essere condotti dalla band. In un continuo contrasto tra calma (apparente) e caos (calmo) l’album mostra come l’evoluzione sonora del progetto Swans sia veramente senza fine. Le sequenza claustrofobiche ci soffocano, dandoci l’illusione della morte imminente, in un vortice di sorprese e di imprevedibilità portati agli eccessi. E anche se il disco non raggiunge gli eccessi dei loro tempi migliori in ambito noise, è solo perché non era (e non doveva essere) questo il suo obiettivo. Birthing è un rituale a cui siamo condannati. Un rituale che abbiamo cercato incessantemente, e che abbiamo finalmente trovato. Monolitico e schiacciante, condito da una cupa e lirica disperazione, è l’album che sancisce la fine di quel percorso “moderno” a cui ci eravamo legati senza fatica alcuna, caratterizzato da passaggi folk acustici che lasciano spazio a sfuriate industrial noise, in un connubio che solo gli Swans (e pochi altri) sono stati in grado di creare, e di riproporre negli anni.
Se è vero che, come dice lo stesso Gira “i cigni sono creature maestose, dall’aspetto meraviglioso, con temperamenti davvero brutti” non facciamo alcuna fatica a capire come mai abbia scelto proprio questo nome per il progetto che continua a portare avanti nonostante i 71 anni suonati.
(Young God Records, 2025)
1.The Healers
2. I Am a Tower
3. Birthing
4. Red Yellow
5. Guardian Spirit
6. The Merge
7. (Rope) Away