Sarebbe stato difficile, quasi impossibile, che qui da noi, in Italia dico, si fosse parlato dell’ultimo lavoro dei canadesi Terry Green, LP, se non fosse che l’etichetta pugliese Upwind Records, punto di riferimento dello screamo italiano, lo ha coprodotto – assieme a Zegema Beach Records, RIP in Peace Records, Zipzalp Records e Middle-Man Records. Sarebbe stato difficile però, anche perchè poi i Terry Green non avevano ancora nemmeno un’attività discografica capace di riscuotere interessi internazionali. Giusto un EP, Visiting Hours, e uno split con i connazionali, anche concittadini a dire il vero – la città sarebbe Mississauga, Ontario –, Huge Cosmic, che testimonia il graduale trapasso dei Terry Green che abbandonano definitivamente, con questo LP, la pelle, in fondo trascurabile, dei primi lavori, per indossarne una più smaliziata e adulta.
Magari perdono in esuberanza e spensieratezza, ma si lasciano alle spalle anche molte ingenuità, maturano in possenza e lasciano germinare tutti quei semini che nei primi lavori erano ancora in potenza. La stessa voce, pur mantenendo la stessa grana risulta adesso più lancinante, il sound inizia a farsi più inquieto e malsano, a prendere un sembiante meno adolescente e più vigoroso. Il risultato è un emoviolence che funziona bene, leggermente ammorbidito da alcune mollezze e premure emo, i cui moduli si riscontrano anche in una voce che si alterna allo scream quando i Terry Green danno corpo a botte di violenza inaudita. Il tutto sostenuto da un retroterra che lascia trasparire tantissima tensione math e post-hardcore. I pezzi sono sei, titolati seguendo la progressione numerica. E sono “II”, “III” e “IV” che testimoniano benissimo quanto detto sinora. Impianti di scarno math, rallentamenti di giri, che non è un semplice allungare il brodo, tanta tensione e dinamismo, pur con una certa prevedibilità di scrittura, e finali sempre coinvolgenti e curati, apici di pathos. Mentre è più ondivaga “IV” con il suo ingresso sereno e straniante che si dipana lentamente e su cui ci si abbarbicano continuamente sopra. “V” è un pezzo strumentale che tutto sommato se la cava egregiamente anche se non è di quelli che resta particolarmente ingresso. E ancora su “VI” i Terry Green si mettono alla prova con un pezzo dal minutaggio lungo, praticamente un hapax nella loro discografia, in cui l’alternanza dei registri è superba e il contrasto vive di grandi sbalzi e ampie traiettorie emotive. La chiusura è assordante, quasi a voler richiamare certo noise che aleggia qua e là, come ad esempio proprio a inizio album. Infine, difatti, ma dovremmo dire all’inizio, c’è “I”, sicuramente la prova di maggior qualità del lavoro, col suo folgorante ingresso sporco, le chitarre mature e malinconiche, non smielate, che si rincorrono e una parte lenta che permetta ai Terry Green di straripare in un’esplosione serrata, corale. A farne oggi di pezzi così!
Il combo canadese ha fatto un gran bel balzo in avanti, ha messo su una formula che funziona, anche se serve ancora un po’ di rodaggio e meno autoindulgenza nella scrittura. Volendo anche se siete completamente digiuni di screamo, ma anche solo amate il post-hardcore funanbolico degli At the Drive-In, LP è un disco che vi interesserà per certo.
(Upwind Records, Zegema Beach Records, RIP in Peace Records, Zipzalp Records, Middle-Man Records, 2017)
1.I
2.II
3.III
4.IV
5.V
6.VI
7.0