Con Event Horizon dei veneti Thalos, sembra chiara la strada intrapresa dalla neonata, ma che molto sta già facendo parlare di sé, Antigony Records, che, dopo quella dei Chasing Monsters, giunge alla sua seconda uscita. La strada è quella del post – rock, declinato in ogni sua forma. Quella dei Thalos ad esempio è una proposta particolare, lontana dagli standard e dai paradigmi del genere e molto più vicina agli ibridismi di band come gli El Ten Eleven o Lymbyc Systym. Un post – rock intriso di synthpop e ambient in chiave strumentale e interessato a certe sinestesie e alla contaminazione di linguaggi artistici, tanto da avere in formazione, in pianta stabile, Daniele Bagolin che si occupa di video e visual e da aver già rilasciato quattro video, per “Berlin”, “Limbo”, “Dust” e “Storm”. Riguardo alle voci, solo in “Quantum (Intermission)” sbuca fuori una languida voce femminile che danza sulle trame di synth e chitarra.
Event Horizon è un tripudio di suoni, usati come fluide pennellate, alla stregua di quelle dell’artwork, poste là, pronte a lasciarsi inghiottire dal buco nero, ancora osservabili, ancorché mescidati come in una tavolozza di colori, prima di oltrepassare la soglia dell’orizzonte degli eventi (quella del titolo dell’album), il punto di non ritorno, in un vortice che ibrida tutto, che annulla la fissità delle forme. La fotografia del momento in cui la materia, profondamente disarticolata, sta per non essere più. Coerente a ciò è allora quella velata nota di malinconia, il senso di irredimibile perdita, che pervade Event Horizon da cima (“Voices”) a fondo (“Limbo”). Tanto più “Limbo” chiude l’album con un ulteriore tocco di mestizia laddove lascia che tutto si concluda sul fragore delle onde che si distendono placide e indifferenti. Quasi che l’album volesse accompagnare gli ultimi aperitivi e i tramonti di inizio settembre, il trapasso dal giubilo estivo al letargo dei sensi autunnale, quel momento là. Il lotto dei brani scorre come un fiume di cristalli, puntando tutto sulla liquidità delle forme e avventurandosi in territori eterei, impalpabili, aeriformi, alle volte più cupi (“Progress”), altre volte ricchi di candore (“Union”), altre ancora accennando a una certa ballabilità, in ogni caso sempre lievi e mai scomposti. Tutto il dinamismo della band esplode nei pezzi di maggior durata (“Blue”) né mancano guizzi e piroette più tradizionalmente post rock (“Storm”).
Event Horizon è un lavoro che riesce, nonostante le tante facies di cui si appropria, ad essere fortemente organico, che scorre piacevolmente, senza particolari osticità, ed è da ascoltare preferibilmente tutto d’un fiato nella sua interezza per valorizzarne l’omogeneità, più che saltellare a caso da un brano a un altro, tanto più che nei fatti mancano canzoni che svettino sul resto della scaletta. Si direbbe tutto in ordine, buona la prima!
(Antigony Records, 2017)
1.Voices
2.Berlin
3.Blue
4.Dust
5.Quantum (Intermission)
6.Progress
7.Union
8.Storm
9.Limbo