Spesso le risposte risiedono laggiù, in quel pozzo senza fondo in cui nulla è chiaro, ma il tutto è un buio nero vuoto, eterno. The Answers Lies in the Black Void è la nuova creatura nata dal seme corrotto di Jason Köhnen, questa volta in collaborazione con la tenebrosa Martina Horvàt dei Thy Catafalque. Durante il periodo di assoluto lockdown la loro passione per il doom e tutto il background di cui vantano hanno dato vita a un’opera che definire “disco” credo sia fin troppo riduttivo.
Si chiama Forlorn ed è un viaggio allucinato ed ossessivo in una regione buia e tossica delle terre del doom, in cui persino le sonorità folkloristiche est europee, lo sludge, lo stoner, l’ambient, darkjazz si fondono per far tremare anche i cuori più impavidi ed esperti. La bellezza trova manforte nella pesantezza, una bellezza occulta e arcana fatta di chitarre e ritmiche pesanti e lente, volutamente ripetitive per gettare l’ascoltatore in un torpore mesmerico da cui non si esce se non si ha una notevole forza di volontà. Io stesso, da amante del doom, mi sono trovato ad ascoltare questo disco anche in momenti in cui non volevo, perché questo essere, questo Forlorn ti prende per mano e ti trascina in un loop da incubo fatto di un fascino erotico assuefacente ed evocativo. Per qualche motivo, ascoltando molti dei brano racchiusi qui dentro mi sono spesso ritrovato a immaginarmi come spettatore in quel limbo malandato e infernale nel quale Guts perde un braccio e vede la sua amata venir violentata da entità divine deviate (ovviamente questa è per pochi, ognuno è libero di vederci quello che vuole, n.d.a.), questa sensazione è particolarmente insita nell’ascolto del brano “Become Undone” nella parte in cui piomba su chi ascolta una sfuriata black metal che è come un seghetto arrugginito nel cervello. In tutto questo marasma fangoso tossico, la voce di Martina non è chiaro se sia un balsamo o un ulteriore tossina per il nostro cervello, il serpeggiare sinuoso della sua voce è di una sensualità soverchiante e allo stesso tempo una nenia maledetta, una di quelle emesse dalle sirene per ammaliare i marinai e poi cibarsene. Tutto questo non è che una piccola percentuale di quello che è effettivamente Forlorn, perché dico che non è facile scriverne. Nel suo essere abbastanza minimale come disco, ha in sé una quantità immane di sfaccettature, di sfumature che ne fanno un qualcosa di più, qualcosa di astratto, che è sì musica, ma che puoi vedere, toccare e respirare, come fosse fisico, fin dalle primissime note della malinconica ed abnorme “Mina”, fino alla polmonare “Curse” che chiude l’ascolto.
Mettiamo giù le cose in maniera semplice. Questo bellissimo disco trasuda da ogni misura gli Anathema ora di The Silent Enigma ora di A Natural Disaster senza mai dimenticare i titani Black Sabbath e nemmeno i mai abbastanza ricordati The Third and The Mortal. Un disco insomma particolarmente buio e stregonesco che penso dia vita a un dittico imprescindibile con In Memoriam del progetto fratello di Jason, Lovecraft Sextet. Un disco per chi ama la notte più del giorno.
(Burning World Records, 2021)
1. Mina
2. Barren
3. Rubicon
4. Moult
5. For Nevermore
6. Become Undone
7. Okkultas
8. White Dove
9. Curse