Mentre il pubblico di riferimento è intento ad osservare le laccate novità nord-europee, in Italia si è sviluppato un solido filone gothic metal che nulla ha da invidiare alle compagini più blasonate. Tessendo un filo che parte dai Novembre e arriva fino alla new thing Shores Of Null, con tappe obbligate in casa Ecnephias e Klimt 1918, questa tendenza è riuscita ad assimilare non solo la lezione dei maestri ma anche una grande quantità di ispirazioni disparate. Nel medesimo calderone possono essere inseriti i capitolini The Foreshadowing, attivi dal 2005 e giunti con questo Seven Heads Ten Horns al quarto capitolo della propria discografia. Forti di una formazione rimasta pressoché invariata sin dagli esordi, con l’eccezione del significativo ingresso di Giuseppe Orlando (ex-Novembre) dietro le pelli – qui alla sua prima prova in studio con la band – i Nostri mettono a segno quello che è probabilmente l’album più maturo e interessante della propria carriera.
La ricerca sonora della band è perlopiù orientata verso la costruzione di atmosfere, senza lasciarsi andare né a eccessive divagazioni strumentali né ad episodi estremi, con una particolare inclinazione verso melodie epiche di facile presa. Quanto detto è pienamente rappresentato dalle iniziali “Fall Of Heroes” e “Two Horizons”, abbastanza simili tra loro per andamento e stile, in cui protagonista assoluta è la voce di Marco Benevento: anch’essa adagiata su toni medi, caldi e vagamente teatrali, ma mai sopra le righe, dà vita ad una performance da manuale. Con lo scorrere della tracklist la proposta si fa più variegata: in “New Babylon” subentrano dei cori ecclesiastici, invero già parte del sound della band in passato ma che oggi impreziosiscono i brani ancor meglio; con “Lost Soldiers” il mood si fa fortemente drammatico, quasi da musical; “Martyrdom” è pervasa da melodie mediorientali che ben si sposano con le tematiche dell’album. Sette teste e dieci corna sono infatti, secondo il vangelo di Giovanni, gli attributi del Drago dell’Apocalisse. La mitologia ebraica è anche richiamata nell’intro “Ishtar” e protagonista della suite finale “Nimrod” che condensa nei suoi quattordici minuti tutti i momenti salienti dell’album.
L’impressione che si ha sin dal primo ascolto, ma che viene confermata anche dopo svariate analisi, è che i The Foreshadowing non lascino nulla al caso. La precisione esecutiva è altissima, così come la qualità degli arrangiamenti – in cui un ruolo fondamentale è giocato da un uso intelligente delle tastiere – che appaiono ricchi, sontuosi ed elaborati, senza mai essere lucaturilliani. La presenza di un pezzo da novanta come Orlando potrebbe far vacillare gli equilibri, ma anche questa carta è giocata al meglio grazie ad una performance sì esuberante, ma totalmente in linea con il discorso portato avanti dagli altri musicisti.
Non possiamo, dunque, fare a meno di consigliare Seven Heads Ten Horns non solo agli appassionati del genere, ma a chiunque voglia approcciarsi ad un album italiano di alta qualità che mira senza esitazioni ad un pubblico internazionale. Un’occasione per valorizzare non solo l’ottimo lavoro dei The Foreshadowing, ma anche per dare credibilità a una florida scena che patisce la distrazione del pubblico di casa, rischiando di passare inosservata.
(Cyclone Empire, 2016)
1. Ishtar
2. Fall Of Heroes
3. Two Horizons
4. New Babylon
5. Lost Soldiers
6. 17
7. Until We Fail
8. Martyrdom
9. Nimrod (The Eerie Tower/Omelia/Collapse/Inno Al Dolore)