Per capire al meglio questa release bisogna fare un minimo di ricostruzione storica. Questo Audiodacity non è un nuovo album ma una ristampa che vede per la prima volta, dopo ben otto anni dalla sua pubblicazione originale, una distribuzione internazionale grazie al lavoro dell’etichetta australiana Bird’s Robe Records. Quattro sono i musicisti coinvolti nel progetto che, sotto il nome di The Nerve, decidono nel 2010 di formare un gruppo dedito ad un famelico demone hard rock devoto alla pura devastazione. Ezekiel Ox (Full Scale, Mammal, Over-Reactor) alla voce, Lucius Borich (COG, Floating Me) alla batteria, Davarj Thomas (Pre-Shrunk) al basso ed il virtuoso chitarrista Glenn Proudfoot non hanno avuto certo vita facile per comporre il disco a causa delle problematiche distanze geografiche, in quanto i membri erano sparsi fra Praga, Melbourne e Sidney. Hanno quindi optato per registrare l’album via Skype grazie a continui scambi di file. Il resto, come si suol dire, è storia.
Parlare di hard rock in un contesto musicale come quello messo in piedi dai The Nerve farebbe inorridire i fanatici della vecchia scuola, troppo legati alle sonorità passate, eppure non sono pochi i richiami ai tempi che furono riletti però in un’ottica moderna e decisamente vogliosa di potenza. “14 Again” è una chiara dichiarazione di intenti con quei cavernosi muri sonici di basso/chitarra a dei livelli di imponenza notevoli, assoli brevi ed arroganti, urla battagliere e colpi tonanti di batteria. C’è una rabbia sonora che necessitava di essere esorcizzata (“The Insight” ed i dinamismi di “There May Come A Time”) ma mai fine a sé stessa o farcita di sterili tecnicismi sacrificando le doti dei musicisti. Ogni strumentista mette a disposizione il suo bagaglio per portare l’hard rock ad un nuovo step creando imperiose strutture ai limiti del math rock (la storta “Poser (First World Problems)” fra tecnica e rasoiate), dinamitarde scorribande metal (la micidiale “Excuse Me”) o improvvise deflagrazioni quasi prog con mostruosi giochi ritmici grazie al drumming di Lucius (“Down There”). Ogni traccia si presenta quadrata e diretta e nel giro di pochissimi minuti sfodera tutto il suo potenziale non lasciando mai prendere fiato (“Respect”) e nascondendo piccole sorprese in ogni secondo di ascolto. Non è un caso che saltino all’orecchio le idee espresse da dei fuoriclasse come i Van Halen che riuscivano a combinare grande tecnica alle melodie senza che nulla venisse sacrificato. I The Nerve seguono quella strada sfoderando un paio di gemme notevoli. “Witness” scaglia sull’ascoltatore una mole di riff di chitarra imbevuti di un groove impetuoso ben bilanciati dal cantato acido/arcigno di Ezekiel e dal basso di Davarj, vera e propria colonna di granito che non disdegna delle piroette tecniche senza mai perdere in efficacia. “Be Myself” dimostra nuovamente quanto la sei corde di Glenn sia qualcosa di speciale grazie ai suoi marcati riff poderosi (sempre diversi e dal tocco speciale) e gli assoli gonfi di wah wah. Nove brani decisi, potenti, in perfetto equilibrio fra passato e modernità, che possono arrivare a tutti gli ascoltatori, anche quelli che seguono una musica più ricercata.
Un lavoro che necessitava giustizia, fresco quanto basta e che invoglia ad essere riascoltato più volte per la sua varietà. Speriamo che la band prosegua la sua strada senza più intoppi. Totali!
(Birds Robe Records, 2021)
1. 14 Again
2. Witness
3. Poser (First World Problems)
4. Be Myself
5. Excuse Me
6. There May Come A Time
7. The Insight
8. Down There
9. Respect