The Omega Swarm non è altro che la nuova incarnazione dello straripante talento sia compositivo che esecutivo di T. (Thorsten Horstmann, a suo carico in Crimson Demise basso, chitarre e synth), attualmente bassista e soprattutto principale compositore dei Sulphur Aeon. Ad affiancarlo in questa nuova avventura Christian Schettler alle voci e Max Scheefeldt dietro le pelli. Come potete immaginare non sarà facilissimo non considerare l’ingombrante presenza della band che nemmeno un anno fa ha fatto uscire quella grande opera che risponde al nome di Seven Crowns and Seven Seals ma è doveroso in qualche modo provarci. A livello di genere qua siamo dalle parti di un blackened death metal atmosferico (molto nero in alcuni passaggi) ben suonato ma senza sbrachi cervellotici o ipertecnici, con qualche non chiarissima divagazione in altri sottogeneri di cui parlerò più avanti. Dopo la necessaria introduzione, anticipo subito, appunto, che il disco non mi ha convinto a pieno dato che questo sembra trovare la sua direzione e la sua intenzione solamente nei pezzi che lo chiudono.
Ad aprire le danze troviamo “Black Veiled Source”, con un inizio bello potente e massiccio e poco prima del secondo minuto arriva un bello scossone, ossia quando sul letto di tastiere parte una batteria tipicamente deathcore (quindi blast beat sfrenato e inumano, cassa e rullante triggerati e via andare) che influenza la struttura generale della canzone con breakdown, rallentamenti e riff intricatissimi, con comunque un bel ritornello (cosa che caratterizzerà altri episodi dell’album) che prende il via da una elegante apertura melodica. “Deceivers”, il secondo pezzo, è invece una pregevolissima colata di oro nero introdotta da atmosfere lovecraftiane e che poi va a richiamare gli Emperor della seconda fase della loro carriera, con riff portanti lunghi e melodici e un portamento maestoso e imponente. La coppia di brani “Vortex of the Benighted” e “Lethal Increase” coincide, a mio avviso, con il punto più basso del disco. Intendiamoci, qualità esecutiva enorme e si gode ascoltando la bravura di Scheefeldt e l’estrema versatilità di Schettler, capace di alternare un dinamico growl a tiratissimi scream rendendo i pezzi molto movimentati. Non si capisce però dove questi, i pezzi, vogliono andare a parare, tra la scelta stilistica del drumming e del riffing influenzati dal deathcore e gli svolazzi di tastiera che tendono ad appiattire un po’ le molteplici idee di arrangiamento che i nostri hanno sicuramente a loro disposizione. Di sicuro ci teniamo a cuore lo splendido ed elegante assolo della prima (mi ha ricordato il Kirk Hammett tra Ride the Lightning e Master of Puppets) e la grande interpretazione vocale (in tutti i sensi) della seconda. Ecco, però, che arriva il trittico finale di pezzi che coincide con la parte migliore di Crimson Demise. “Entity Destroyer”, il cui video ha anticipato l’uscita dell’album, vede nuovamente synth in primo piano ma ben dosati e integrati e un ritornello che alterna voce pulita e growl che si stampa in testa e che non se ne va più via. A coniugare il tutto un gran riff Swedish. Penultima canzone “Cold Cosmic Mirror” con ottime scelte ritmiche e un grande equilibrio tra le parti melodiche e quelle più grezze, con delle tastiere e una teatralità di fondo che ricordano i nostrani Fleshgod Apocalypse, seppur meno barocchi e “pieni”. A chiudere il tutto la vera perla nera del disco, “Vacuum Within” nella quale il trio si esprime al pieno delle proprie potenzialità mostrando in modo chiaro tutta la loro bravura (sopraffino il passaggio bridge-ritornello). Il finale è pura goduria uditiva.
Crimson Demise poteva essere un lavoro grandioso e magari lo è. Le qualità dei Nostri sono innegabili e su questo c’erano pochi dubbi. Aprendo la recensione ho promesso di non menzionare i Sulphur Aeon e sono stato di parola. In chiusura devo però mancare al mio giuramento di lupetto e fare necessariamente non un confronto ma cogliere uno spunto. La forza della proposta dei Sulphur Aeon sta nella loro originalità, costruita su quel cosmico monolito che prende sì spunto dai numi tutelari del genere ma che riesce a spiccare per personalità grazie ai curatissimi arrangiamenti e a raffinate, per quanto ignorantissime, scelte stilistiche. Bene, i The Omega Swarm scelgono invece di seguire le tracce di generi sì moderni, sì attuali ma allo stesso tempo ben riconoscibili e che vanno in un certo senso a normalizzare i talenti dei singoli musicisti che sappiamo (per T.) e immaginiamo (per gli altri due) essere difficilmente contenibili in steccati o gabbie. Un gran disco? No. Un disco fatto bene? Sì ma potevamo aspettarci di più, ci aspettavamo di più.
(Ván Records, 2024)
1. Black Veiled Source
2. Deceivers
3. Vortex of the Benighted
4. Lethal Increase
5. Entity Destroyer
6. Cold Cosmic Mirror
7. Vacuum Within