Siamo alle soglie dei trent’anni di carriera per The Peawees, e, in attesa delle doverose, e meritatissime celebrazioni, anticipiamo i festeggiamenti qui su GOTR, dando spazio al settimo album del quartetto ”spezzino” capitanato da Hervé Peroncini, unico sopravvissuto ai vari avvicendamenti che si sono susseguiti negli anni, nonché mastermind della band. Dopo tutti questi anni è fin troppo evidente come The Peawees non abbiano più da dimostrare niente a nessuno. Hanno chiarito da tempo – e in modo netto e incontrovertibile – quale sia la loro strada. Sta a noi, o meglio a voi che leggete, scegliere se imboccarla con loro, accompagnati dalle melodie di One Ride, forti dell’idea che più lontana, e inarrivabile, sarà la destinazione, tante più volte e più a lungo ascolteremo questo loro ultimissimo album.
Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: non faccio mistero del fatto che, personalmente, considero One Ride il punto più alto della loro discografia. Detto questo, e liberatomi del carico emotivo, riavvolgiamo il nastro agli anni degli esordi. Già da allora le premesse erano quelle di una realtà che intendeva scrollarsi di dosso quei retaggi – leggasi cliché – legati alla moda del punk rock tanto dilaganti in città. Dopo un breve periodo di assestamento il quartetto scelse di infilarsi in quella zona grigia che dal punk rock scivolava verso la riscoperta del rock’n’roll delle origini, del calore del soul e dell’energia rockabilly, zona in cui si avventurano solo coloro che se ne fregano delle tendenze, delle etichette, e che riescono a tenere la mente sgombra quando pensano in musica. Mentre tutti – non solo in città – sceglievano comode strade in discesa che garantivano un riscontro immediato, The Peawees prendevano strade apparentemente in salita, che negli anni, però, hanno regalato grandi soddisfazioni premiando la loro scelta.
I sei anni intercorsi tra il precedente Moving Target e One Ride raccontano una storia abbastanza travagliata, a cavallo tra lockdown, cambi di formazione in corsa, e tutti gli imprevisti che la vita di ogni giorno non manca mai di infilare sul nostro cammino. Nonostante tutto questo The Peawees sono ancora qui, più forti e più determinati di prima. Basta mettere sul piatto l’album, e lasciare che sia la musica a parlare. Pochissimi istanti e tutto fila dritto, deciso, e perfettamente a fuoco. Si dice che quello dei Peawees sia un nome che in patria fa ancora poco rumore. Nessun problema, basta varcare i confini – per chi ancora ne ha, e per chi ancora ci crede – e tutto si ribalta. Non si tratta di esterofilia – sapete bene la mia poca confidenza con i confini, sotto tutti i punti di vista – ma di evidenziare come i riscontri arrivano, basta saperli attendere, e non importa da dove provengano, l’importante è che siano sinceri. Come tutti gli album che nascono dall’isolamento forzato, One Ride trasuda vigore energia e dirompente esplosività. Questo basta e avanza per collocarlo tra i candidati a disco dell’anno. E se non lo sarà, siamo certi che ci sarà andato molto, ma molto vicino.
(Wild Honey Records, 2024)
1. Banana Tree
2. Drive
3. Plastic Bullets
4. The Wolf
5. Lost In The Middle
6. She Cries As She Kills
7. Who’s The Enemy
8. Spell On Me
9. Before I Die
10. One Ride
11. You’ll Never Be Mine Again