Dopo un primo album veloce come una scheggia ed un secondo lavoro che rappresentava più un ponte tra l’irruente ed il posato, i veneti The Sade portano la loro concezione musicale al terzo passo o meglio nella tomba, con Grave. Un lavoro che risente ancora della furia rock’n’roll/stoner/punk degli esordi ma con una virata netta verso sonorità più lente ed oscure.
In Grave si ritrovano sonorità che riflettono un amore (mai stato nascosto) per il buon Danzig: fanno capolino, oltre a brani dark/horror/punk alla Misfits (la viscida opener “Prayer”), parecchie influenze blues, genere che in questo album va a braccetto con un certo proto-doom. Ci si imbatte dunque in brani crepuscolari (la riuscitissima e melodica “The Raven”), nei quali la chitarra si diletta in arpeggi, ma anche in episodi drammatici (la scarna e cruda “Afterdeath”), o ancora la lenta “Black Leather”, sospesa tra blues acustico e parti elettriche quasi sfibranti.
Non mancano ovviamente le bordate rock sparate a tutto gas, come l’incessante “Seek Seek Seek”, o la veloce ed efficace “Burnt”, che contiene dei cori da stadio, ideali per i live shows. Da non sottovalutare nemmeno il tributo a Johnny Cash, con la ballata folk “Coachmen”, o la catacombale ed orchestrale “Nyctophilia”, nella quale emerge un notevole miglioramento nel cantato del vocalist/chitarrista Andrea che sembra aver raggiunto la piena maturazione in questo disco.
Grave è un’opera matura che riesce a combinare nel migliore dei modi tutto ciò che di buono il trio ha da offrire. Sarebbe stato lecito aspettarsi una voglia di osare maggiore, ma in casi di questo tipo si può soprassedere. Consigliatissimi!
(Godown Records-Kornalcielo Records, 2017)
1. Prayer
2.The Raven
3. Seek Seek Seek
4. Afterdeath
5. Black Leather
6. Graveyard
7. Coachman
8. Burnt
9. Nyctophilia
10. Charlie Charlie