ENZO “FALC” PRENOTTO
E’ un grigio pomeriggio di fine novembre. Manca poco oramai al 2020 e si volge lo sguardo (o meglio l’udito) al decennio appena passato, che ha offerto tantissime proposte musicali un po’ per tutti i gusti dall’underground fino al mainstream. La sfida che si è posta la redazione di Grind On The Road è stata accolta come molte perplessità e paure, e difatti stilare i dieci dischi migliori del decennio pare impresa impossibile. Il sottoscritto ha preferito concentrarsi solamente sulla scena italiana, e comunque non è stato così immediato scegliere; mi sono voluto concentrare principalmente su due aspetti: uno è il fattore tempo, ossia riprendere per mano gli album e vedere se hanno conservato quella forza che li aveva resi speciali al primo ascolto, il secondo punto, invece, è una questione puramente fisica, ovvero l’aver preso in considerazione dischi posseduti. Chi magari segue il sottoscritto – sempre nel caso in cui qualcuno lo faccia- sa bene che è una sorta di mosca bianca, o pecora nera nella redazione, e che spesso prende posizioni poco condivise o che ha gusti strambi, forse anche lontani dal sound più duro che ascoltano i colleghi. A malincuore moltissimi dischi meritevoli sono rimasti fuori dalla classifica personale (gli album non sono in un ordine particolare di gradimento sia chiaro), che comunque saranno citati in un piccolo Bignami conclusivo. Quest’ultimo sarà probabilmente considerato non totalmente a fuoco da moltissimi, ma, come si suol dire, la musica trascende qualsiasi limite. Infine, gli album saranno descritti nell’ordine in cui il sottoscritto li ha acquistati, ed in virtù del cambiamento personale, emotivo e spirituale che ogni suddetto disco ha portato con sé.
OJM – “Volcano” (2010)
Beninteso, non si vogliono qui prendere in considerazione dischi perfetti (forse non esisteranno mai) ma dischi con un forte impatto emotivo, rappresentanti qualcosa di speciale o di importante nella crescita individuale. In tal senso non si poteva lasciare fuori l’ultimo (ad ora) album di una delle band cardine del panorama stoner italiano, ossia gli OJM, che con Volcano hanno proseguito la loro visione meno dura per approdare ad un ibrido comunque valido. Anche loro fanno parte della mia formazione, ed hanno contribuito a far nascere amicizie consolidate negli anni. Il loro primo concerto, in verità, non accese granché gli animi, ma lasciò qualcosa che poi crebbe nel tempo. Ancora oggi quel rock’n’roll sporco, commisto a garage, psichedelia e stoner-rock non accenna a stancarmi.
Sunpocrisy – “Samaroid Dioramas” (2012)
Le radici erano insomma state piantate fino a che, spinto da molte recensioni positive, andai a vedere i bresciani Sunpocrisy che avevano esordito con Samaroid Dioramas, che acquistai subito dopo lo show. Quel disco è uno dei gioielli nascosti della decade e rattrista che, nonostante il successo di critica non li abbia lanciati come si deve nel panorama post-metal/prog. Una band folgorante che, nonostante l’acustica del luogo non fosse delle migliori, diede una lezione di musica indimenticabile, tra esplosioni violente e atmosfere sognanti.
L’Alba di Morrigan – “The Essence Remains” (2012)
Fu in quello stesso periodo che cominciò una sorta di seconda vita, nella quale si aprirono orizzonti diversi, concreti forse, ma molto lontani a ciò cui sto tuttora lavorando. Uno dei passi fondamentali avvenne mentre usciva un altro debutto discografico, ovvero quello dei torinesi L’Alba di Morrigan, intitolato The Essence Remains. Fu un’altra piccola gemma sonora che sbaragliò moltissime nuove uscite, proponendosi come un connubio tra il gothic metal stile ultimi Katatonia, atmosfere alla Novembre e tantissimo post-rock, con diverse incursioni anche nel cantato italiano. È uno di quegli album rimasti purtroppo nascosti (pare che il seguito sia in lavorazione) alla massa, e dispiace perché degli arrangiamenti così raffinati, epici e di classe non si trovano così facilmente ed è stato quasi un obbligo rispolverare il gruppo e dargli una seconda possibilità.
Alice Tambourine Lover – “Naked Songs” (2013)
Il disco ha una storia particolare, ed è collegato in qualche modo allo scoprire un ramo della musica che prima non era così chiaro per il sottoscritto, ossia lo stoner. Il concerto degli Alix fu come un battesimo del fuoco, quella volta. In una scalcinata osteria nacque una meravigliosa amicizia con gli allora chitarrista Gianfranco, e cantante, Alice. Il gruppo in seguito si sciolse, ma i due formarono un nuovo progetto ovvero gli Alice Tambourine Lover. Il duo esordì con Naked Songs ed è uno di quei dischi che ho ancora nel cuore per via di quel mix di blues, psichedelia, Southern ed un pizzico di stoner desertico, il tutto suonato in maniera minimalista. La voce di Alice forte ma dolce e la chitarra di Gianfranco disegnano affreschi acidi che potrebbero risultare ripetitivi ad un primo ascolto, ma la loro bellezza necessita tempo e quando si risolve l’enigma si finisce nel bel mezzo di un vortice lisergico da cui non se ne esce più.
Marlene Kuntz – “Nella Tua Luce” (2013)
Sebbene i miei ricordi non siano particolarmente nitidi in tal senso, fu senz’altro essenziale il live che mi permise di inglobare nella mia visione sonora i Marlene Kuntz. Avevo difatti snobbato fino a quel momento la band di Cuneo, ed ero scettico nei confronti della loro prova live, che era di supporto all’album Nella Tua Luce. Abbandonata di molto la componente noise degli esordi, il gruppo era maggiormente orientato ad un sound placido ed alternative eppure, dal vivo, la loro potenza fu talmente devastante che me ne fece innamorare, aggiungendo un altro tassello alla mia cultura musicale. Acquistai subito il loro album che, pur non rappresentando il loro apice compositivo, ha dei passaggi di una poesia contagiosa, da assaporare ascolto dopo ascolto, candidandosi ad uno dei miei highlight del decennio.
Edoardo Bennato – “Pronti a Salpare” (2015)
Andando avanti nella lista ecco arrivare un altro personaggio “improbabile” ovvero il buon Edoardo Bennato, con il suo disco più recente intitolato Pronti a Salpare. In quest’ultimo convivono egregiamente il rock’n’roll, il blues, il Southern-rock ed un pizzico di pop che non guasta mai. Il mio interesse verso Edoardo crebbe proprio grazie ad un energico show dove mi spiazzò letteralmente, e decisi di prendere un suo disco per cominciare. La sua musica, per quanto basilare e “semplice”, arriva al dunque, mentre la sua band macina a dovere ogni nota. Il rock in Italia deve molto anche ad un musicista come Bennato, che fortunatamente non si è mai venduto o ha cambiato rotta per compiacere a tutti. Il suo album non ha cali di tensione, e riesce sempre a tenere vivo l’interesse.
Klimt 1918 – “Sentimentale Jugend” (2016)
Tra le band che amo maggiormente da diversi anni vi sono i romani Klimt1918, che hanno deciso di rientrare sulle scene con un mostruoso doppio album denominato Sentimentale Jugend. In esso compaiono difatti amplessi sonori pregni di eleganza eterea, in bilico tra post-rock, alternative ed un pop fine, con un risultato finale immenso, da far paura anche a colleghi stranieri. È uno di quegli album ideali per un ascolto in notturna, lasciandosi cullare dalle dolci note del combo. Riconsiglio, come nella recensione dedicata, di trovare la versione artbook!
Alteria – “La Vertigine Prima di Saltare” (2017)
Il tempo passa inesorabile e con il trascorrere degli anni si cambia e ci si rende conto di tante cose che prima si tendevano ad ignorare volutamente. Una su tutti è credere che una speaker radiofonica possa realmente proporre qualcosa di qualità, data la scarsa importanza che viene data alla musica, specie nelle emittenti musicali (sia radio che TV). Tra loro però c’è una certa Alteria, che si è sempre dimostrata con una marcia in più. La rossa cantante/deejay aveva già incrociato il mio udito durante il concerto dei Rezophonic, in un festival tra i più terribili della zona – specie negli ultimi anni, in passato aveva qualcosa da dire – ma non ci feci tanto caso. Tornò poi dalle mie parti con la sua band solista per presentare il suo secondo album, La Vertigine Prima Di Saltare, in un piccolo palchetto di un pub. Fin dalla prima canzone la Nostra aveva una forza impressionante nella voce. Mi trovavo dinanzi una musicista fatta per stare sul palco e per dimostrare che sapeva il fatto suo, confermando che trovare del rock italiano puro, semplice e ben fatto non è così impossibile. Il disco è forte, energico, melodico e con testi non banali, che rafforzano le sensazioni piacevoli.
Be Forest – “Knocturne” (2019)
Il post-rock non accenna a diminuire in questa classifica, e non poteva dunque mancare il secondo disco dei Be Forest, trio da Pesaro che punta in misura maggiore sullo shoegaze. Knocturne è un piccolo manufatto di bellezza oscura che si libra nell’atmosfera; dal vivo assume una potenza espressiva ancora più epica, fatta di melodie evocative e passaggi strumentali leggiadri. Pur non propugnando una proposta particolarmente innovativa, la band non ha mai tradito le aspettative, offrendo agli ascoltatori tanta passione ed anima.
Darkend – “Spiritual Resonance” (2019)
Arriviamo infine all’ultimo tassello del decennio, l’ultimo pezzo del puzzle che ebbi la fortuna di ascoltare in anteprima in una minuscola stanzina di Bergen (Norvegia), immerso in una mostra d’arte. Quest’ultima era stata organizzata da Gahaal dei Gorgoroth, e i Darkend furono invitati a presentarvi la loro nuova opera, intitolata Spiritual Resonance. Quel giorno erano presenti molti personaggi della scena black e non solo (lo stesso Gaahl, Lindy Fay Hella dei Wardruna, l’attuale batterista degli Enslaved) e dalle casse venne fuori il suono di un disco epico a livelli enormi che, partendo da un death-black metal alla Behemoth, infarciva i brani di talmente tanti elementi che non sarebbero bastati cento ascolti per interiorizzarlo. Fu una sorpresa davvero piacevole, e non potevo non inserire questo disco nella mia personale Top Ten, invitando coloro che leggeranno queste righe a dargli un ascolto e scoprirne ogni sfumatura: dischi del genere nel panorama italiano sono decisamente rari.
Appendice
È giusto a questo punto tributare alcuni album che, pur essendo rimasti fuori dalla classifica, meritano indubbiamente un ascolto. Si consigliano dunque caldamente:
- Leila, con il suo album omonimo, immerso nell’elettronica, mescolata al cantautorato/indie;
- Crista che debutta con Femmina, disco pieno di vita vissuta in chiave pop/rock sfacciato e contagioso ma mai banale;
- il blues/stoner/rock’n’roll del disco omonimo dei sardi King Howl (dotati di una voce pazzesca);
- lo sludge psichedelico dei veneti Bleeding Eyes che, con A Trip To The Closest Universe, hanno composto un album meraviglioso;
- il progressive rock dei Mad Fellaz,con il bellissimo album II;
- I Julinko, che con Nèktar hanno raggiunto dei livelli altissimi nel campo post-metal/noise (e non solo);
- il duo Nowhere da Torino che, con l’album omonimo, ha sfornato un ottimo mix di elettronica e post-rock;
- Altro duo degno di nota sono i The Haunting Green, arrivati al nuovo disco Natural Extinctions, dimostrantesi una perla sonora;
- I romani Uncovered for Revenge, che con il loro EP – chiamato Life- hanno sfornato un dischetto potentissimo a base di alternative rock/metal con una poderosa voce femminile;
- La Rappresentante di Lista che, con il secondo disco denominato Bu Bu Sad, hanno portato il pop su livelli decisamente intriganti, amalgamandovi elementi molto particolari, seppure imperfetti.
- Gli Storm{O} sono stati un ulteriore scoperta in ambito hardcore/math e con Finis Terrae sfoderano un lavoro micidiale con una sezione ritmica da far impallidire anche i musicisti più navigati.
- Che X-Factor fosse uno degli specchietti per le allodole più grossi in ambito musicale era cosa nota. Però qualcosa di buono è uscito e non si poteva escludere AmbraMarie che ha preferito mandare a quel paese il programma piuttosto che abbandonare la sua band e continuare da solista. Bruciava Tutto è il suo secondo album, pieno di rock, passione, tanta malinconia forse ma forte e duro dall’anima di acciaio.
- Anche i compaesani Messa meritano attenzione (anche se ne hanno avuta moltissima) e con il loro secondo album Feast For Water hanno dimostrato di essere cresciuti inglobando al loro doom metal occulto, dall’anima settantiana, degli elementi noir e jazz.
- Altro piccolo gioiellino del decennio è sicuramente Cathodnatius degli Ananda Mida. L’opera vede finalmente alla voce un cantante di razza tale da portare ad un livello più alto e Conny Ochs rivitalizza il rock psichedelico del combo veneto ai massimi livelli!
- Ottodix è un altro degli eroi musicali underground veneti che con Micromega assemba un concept disperso tra rock, elettronica e new wave!
- Black Snake Moan è una one man band che tiene viva la fiamma del blues/southern rock e spara agli ascoltatori una perla come Spiritual Awakening. Onore a chi crede ancora nel buon vecchio blues!
Concludo augurando a tutti i colleghi pazzoidi della redazione e a tutti i nostri lettori buon anno, e di ascoltare sempre tanta buona musica ma, soprattutto, di non dimenticare mai di supportare le band, i concerti dal vivo ed acquistare dischi!