I Three Steps To The Ocean non sono nuove conoscenze per Grind On The Road. Tre anni fa lodammo Scents azzardando che la band avesse potenzialità ancora inespresse. Ascoltando Migration Light ci rendiamo subito conto di come il gruppo sia maturato e come queste potenzialità siano uscite con prepotenza.
La materia trattata è sempre post metal strumentale ma gli umori sono molto più oscuri e quello che ne risulta è impregnato di pece. Il combo prende le distanze dalla scrittura di genere fatta di chitarre colme di delay e crescendo, modificando il suono e la struttura compositiva dei brani. Fin dall’iniziale “They” ci si rende conto di come un alone nero abbia ricoperto il suono dei milanesi: ritmiche marziali e colate di chitarre sature vengono intervallate da cavalcate dal sapore black metal. Gli sporadici momenti di calma hanno un mood “morriconiano”, che nell’ottima “Sur” palesano la loro peculiarità. Un amalgama perfetta tra potenza e incommensurabile tristezza trasuda dai solchi digitali di questo brano. La vera rivoluzione nel suono del combo è avvenuta nelle tessiture che si vengono a creare tra tastiere e chitarra, in vero stato di grazia: i passaggi onirici e i potenti riff di Andrea Sacchetti vengono accompagnati da un utilizzo delle tastiere ai limiti della perfezione per il genere proposto. Se si dovesse fare un parallelo Francesco Tosi ha il gusto e l’ispirazione di Bryant Clifford Meyer dei compianti Isis. L’incedere del brano richiama alla mente chi una decina di anni fa provò a mescolare suggestioni cinematografiche western e metal: parliamo degli Angel Eyes, un gruppo di Chicago sconosciuto ai più oramai sciolto (consiglio a tutti di reperire in un qualche modo Something to do with death). Si tratta dunque di un suono desertico, che valorizza principalmente i paesaggi sonori piuttosto che la forma canzone. Le note languide di “Dust Bowl” sono la riprova di quanto detto e nel loro essere dilatate e atmosferiche lasciano il segno. La sezione ritmiche è sempre precisa e funzionale alle atmosfere proposte e riesce a variare con gusto e fantasia l’incedere dei brani. Il mastering di Giovanni Versari fatto al La Maestà Studio (Ronin, Teatro degli Orrori e molti altri) rende il lavoro dinamico e potente, preservando le tonnellate di feedback che il gruppo sprigiona live.
I ragazzi di Milano hanno saputo portare la loro proposta su un altro livello, affiancandosi ai grandi del metal strumentale italiano come Lento e Ornaments. La possibilità di poter scaricare in formula “pay what you want” il disco da bandcamp non vi lascia scuse per non ascoltare questo ottimo lavoro.
(Tokyo Jupiter Records, 2015)
1. They
2. Sur
3. Dust Bowl
4. Sulaco
5. I End
6. Wooden Shelter
7. Primordial Leavers
8.0