La meraviglia sta nel sospeso, in tutto ciò che non è ancora deciso, in ciò che non si vuole lasciar andare nonostante sappia bene di avere un destino preciso. Sta in un’estate vicina alla sua fine ma che mai finisce, come leggiamo sul Bandcamp del trio veneziano, esistente dal 2020 e che ha prodotto due LP (2021 e 2023) un EP (sempre 2021) e un singolo nel 2022. Lo stesso ambito musicale dei Torre di Fine è sospeso tra slowcore, post-rock, shoegaze.
EP2 è composto da quattro tracce, brevi le prime due, leggermente più dilatate le restanti. Brevissima “Understatic”, nemmeno tre minuti, che apre il disco con un delizioso arpeggio che già fa sorridere stuzzicando la nostra memoria. L’ingresso delle voci e della batteria ci confortano e ci abbracciano come un bel ricordo, come se non fossero passati 25 anni dall’uscita dallo splendente esordio dei Giardini di Miró da Cavriago (RE), ossia Rise and Fall of Academic Drifting. Si compie quindi la prima sospensione, tra il ricordo e un qualcosa di nuovo, bello proprio perché ignoto fino a poco prima. Basso pulsante e una batteria leggermente processata (ma potente) ci portano alla seconda metà del pezzo, esplosivo, rumoroso e ci si ritrova nuovamente a perderci dietro ai colpi di grancassa che sembrano quasi zoppicare per poi ritrovarsi subito dopo, anche loro indecisi. Piccoli dettagli che impreziosiscono e di molto il risultato finale. “Gentle”, il secondo brano, dopo gli accordi iniziali puliti, scoppia in una deflagrazione che di gentile ha veramente poco. Sulla robusta e marcata sezione ritmica di nuovo la distorsione sporca e piena, fuzzosa quanto basta e si avverte la sensibilità condivisa con chi suonava osservando le punte delle scarpe negli anni Novanta. Ancora, comunque, sono le pause, le interruzioni inaspettate che ci stuzzicano. “Overbreath” ci avvolge nel modo che oramai conosciamo e stavolta la memoria va anche ai primissimi e rumorosi Nirvana, o ai Mudhoney, vuoi per la scelta dei suoni, vuoi per il grosso muro sonoro che i nostri producono. Da registrare un pregevolissimo ritornello che permette alla voce (sempre piacevole) di librarsi su una melodia bella e aggraziata alla quale fa da contrasto l’acidissima chitarra. Chiude l’EP “Acquiesce”, canzone strumentale che si piazza su suggestioni post-rock e che racchiude in sé i contrasti, il conflitto tra melodia e rumore e il gran gusto negli arrangiamenti del terzetto veneto (e, ancora, quell’apparente indecisione, quelle sospensioni che si fanno amare).
Marco Cella (suo il progetto ambient Brook Haven), Gianluca Ginger Vidotto (batterista nei tecnicissimi prog/djent Unethical Dogma) e Matteo Trevisan se ne escono con l’uscita più completa, seppur breve, della loro carriera. Solleticando in modo intelligente il ricordo e la nostalgia, EP2 vive comunque del suo presente di musica fatta bene. Non vediamo l’ora quindi di ascoltare nuovo materiale, magari in un’uscita di più lunga durata dove l’intrigante miscela dei nostri possa avere maggiore possibilità di svilupparsi nella sua interezza e intensità. Va da sé, in ogni modo, che questo dischetto (disponibile anche in formato floppy disc) va a prendersi e meritatamente un tondissimo otto. Bravi.
(Winter in Venice, 2025)
1. Understatic
2. Gentle
3. Overbreath
4. Acquiesce