Gli iberici Toundra, al terzo full length, incapsulano in 40 minuti quanto di meglio il genere possa ancora offrire oggigiorno. Le influenze dei Mogwai, degli Explosions in the Sky, dei God Is an Astronaut sono palesi e diffuse nell’intero lavoro, ma non pregiudicano l’ascolto rendendolo comunque intrigante, trasudando anzi personalità ed energia da tutti i pori. Questo anche grazie all’ausilio della potenza nel suono delle chitarre che rende numerosi passaggi particolarmente enfatizzati e in grado di elevare l’album di una spanna sopra la concorrenza (leggasi alla voce Russian Circles). Si apprezzano anche i costanti richiami al folk, i quali aggiungono colori più trasognati e rimandano anche a The Fire in Our Throats Will Beckon the Thaw, ovvero il miglior disco dei Pelican e ancora oggi il punto di riferimento per chi come i Toundra si mette in gioco su certe sonorità. Dunque un lavoro onesto, intraprendente e dilatato al punto giusto: chi in passato ha creduto nel post core strumentale non può trovare di meglio nel 2012.
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