La paura è il mezzo più efficace che abbiamo per poter analizzare l’uomo ed il suo inconscio, ossia quella creatura che brama la conoscenza sopra ogni altra cosa e la insegue cercando di sopperire alla sua innata paura per l’ignoto. Cargo Cult fin dal primo ascolto mi ha riportata in quella dimensione lovercraftiana di Alle Montagne Della Follia tra atmosfere opprimenti e potenti sonorità.
I Turangalila prendono il nome dall’omonima sinfonia di Oliver Messiaen, unione di due parole sanscrite che possono assumere diversi significati tra cui canzone d’amore, inno alla gioia, tempo, movimento, ritmo, vita e morte, forze repulsive ed attrattive che il gruppo pugliese è riuscito a rendere alla perfezione in musica. Per il loro album d’esordio, progettano un viaggio tra i ghiacci dell’Antartide con squadra di ricerca composta da Pino Di Lenne (basso, theremin, violino, viola, cori), Antonio Maffei (chitarra, synth, cori), Giovanni Sollazzo (batteria, percussioni, cori) e Costantino Temerario (chitarra, voce, synth). Prima vera e propria spedizione, per Private Room Records, che segue l’EP Della Gioia Sovrumana, Impetuosa, Abbagliante, Sfrenata (sottotitolo della precedentemente citata sinfonia di Messiaen). Cargo Cult si colora di cangianti sperimentazioni post-rock che si affiancano al sapore della vecchia scuola heavy-psych.
Siamo in Antartide, landa inesplorata, il professor Lake è in viaggio con la sua squadra di studiosi verso il Polo Sud, riff granitici introducono la prima traccia “Omicidio E Fuga”; sotto l’ombra imponente di questa montagna sonora risiedono i resti di esseri mostruosi. “Don’t Mess With Me, Renato” apre le porte ad un mondo più leggiadro, basso e voce dialogano mestamente di terre lontane. “Tone Le Rec” si addentra in sentieri più sperimentali tra ritmiche paranoiche che si avvicinano ai cari Swans, nella seconda metà un riff caotico acuisce la conversazione senza fine tra basso e voce. In “Liquidi e Spigoli” un delay in oscillazione si adagia su un tappeto di voci che paiono provenire da un’altra dimensione; la spedizione continua la sua sonorizzazione tra immense distese noise ai piedi di vette math rock dal profilo irregolare. “Cargo Cult” evidenzia un eccellente lavoro di batteria con tempi dispari che rende la tensione creata dagli strumenti ancor più opprimente, attraverso riverberi ed arpeggi ci troviamo a misurarci con sconvolgenti misteri, man mano delineando una sagoma ritmicamente più lineare. I resti di un’antica civiltà aliena chiedono il permesso di entrare, la band barese sembra aver creato un richiamo per scongelare quei reperti archeologici così minuziosamente descritti da Lovercraft e che riusciamo ora a percepire sulla nostra pelle. “Cargo Cult Coda” prosegue la gelida discesa verso il fulcro della montagna in una nube post-metal; la coltre sonora si chiude su “Die Anderen”, la resa dei conti, in oltre dieci minuti di caotiche corse verso un punto di fuga, meta finale per i pochi sopravvissuti che ne potranno scorgere gli ultimi lavori di Bologna Violenta.
La spedizione in Antartide diventa così un percorso introspettivo alla ricerca del proprio “io” aprendo fragili vasi in bilico tra la voglia di conoscenza e la sua eterna dannazione. Cargo Cult è un figlio di quella ricerca sonora che aspetta tra rovine di ghiaccio di essere svegliato.
(Private Room Records, 2021)
1. Omicidio E Fuga
2. Don’t Mess With Me, Renato
3. Tone Le Rec
4. Cargo Cult
5. Cargo Cult Coda
6. Die Anderen