“La solitudine è come la pioggia.
Si alza dal mare verso sera;
dalle pianure lontane, distanti,
sale verso il cielo a cui da sempre appartiene.
E proprio dal cielo ricade sulla città.”
Inizio con queste parole, tratte da una poesia di Rainer Maria Rilke, poiché restituiscono alla perfezione il concetto dell’album in questione. Ulysse è il nuovo progetto di Mauro Spada che insieme a Raffaello Zappalorto recluta un’eclettica squadra di artisti della scena underground pescarese, per sviscerare i meandri di una città attraverso gli occhi e la solitudine delle sue anime naufraghe. Non ci sarà un ritorno in patria, Ulisse è perduto e con lui la salvezza. L’album nasce da una necessità, dalla ricerca per colmare quelle opprimenti mancanze che questo pandemico periodo ci ha creato. Il Capitano Mauro Spada, fondatore dei buenRetiro, bassista degli Oslo Tapes e negli Aural Smog, e il Mastro D’armi Raffaello Zappalorto, ex Santo Niente, arruolano nella ciurma Francesco Politi, Gino Russo, Fabio Fly; a bordo salgono Andrea di Giambattista e Sergio Pomante anche come timonieri nel mixaggio e nella masterizzazione. Ulysse naviga tra le onde del post-rock inoltrandosi in alternative tonalità di blu scendendo sempre più nelle profondità marine, senza volerne fare ritorno.
Con “Vetro” si salpa su una distorta linea di basso continua, vele ammainate tra armoniche chitarre che si intrecciano con gli arpeggi del sintetizzatore. In “L’ascesa dei dementi” il basso continua la sua lugubre marcia fondendosi con la parte vocale fino ad essere un’unica voce dalle svariate sfumature; la chitarra solleva la coltre di nebbia ammorbidendo l’atmosfera prima della maestosa chiusura, degna del miglior Canali.
“HWHAP” viaggia sulle stesse onde sonore dei Mogwai ma con oscillazioni verso il math-rock; più di una notte è calata all’orizzonte e la terra sotto ai piedi comincia a mancare. Il mare ulula preparandoci al peggio. Huston We Have A Problem. “Patroclo” continua il discorso, fulmini modulari cadono giù come meteore, nuvole nere cariche di dolore iniziano a piangere morbide gocce avant-rock che si intensificano man mano. È acqua ovunque, non si può far altro che aspettare. “Nel torbido scorrere” la batteria minimale strizza l’occhio ai cari Offlaga Disco Pax viaggiando verso acque più vicini agli ultimi Ulver. È la quiete dopo la tempesta, quel momento in cui assapori ogni respiro, il cantato ti culla dolcemente. Ti inganna. La marea riprende il possesso della nave, è una battaglia “Fino al sangue” tra correnti opposte ma complementari. Emerge dalle acque la grandiosa abilità della band di saper dosare suoni ed emozioni. “L’alba di Sapporo”, di matrice squisitamente post-rock, porta alla deriva i resti di un’esistenza a brandelli. “Sontuosa Solitudine” si adagia sulla riva come una preghiera, la chitarra traccia la scia del pensiero che si allontana dal corpo. È uno di quei discorsi che fai con te stesso cercando di riempire le lacune, il synth come un disco rotto suona in sottofondo. La consapevolezza del vuoto riempie come acqua di mare il torace dei naufraghi in una perversa società che annega il più debole, cibandosi dei suoi ultimi sforzi.
Ulysse traccia i profilo non di uno stato d’animo che ad oggi ci è molto comune; delinea i contorni di un’inesauribile imperfezione umana, del suo spaesamento, della sua inadeguatezza ma anche del suo coraggio e della sua determinazione. E’ un album evocativo, un elogio a chi non è riuscito a riaffiorare in superficie. Ulysse è la compagnia adatta per affrontare i propri tormenti, colmando alla perfezione questo vuoto che opprime. Ulysse è aria pulita.
(DeAmbula Records, We Work Records, Vasto Records, 2021)
1. Vetro
2. L’ascesa dei dementi
3. HWHAP
4. Patroclo
5. Nel Torbido Scorrere
6. Fino al sangue
7. L’alba di Sapporo
8. Sontuosa solitudine