Nato come progetto solista del polistrumentista Will Hunter, Vévaki esordisce nel 2020 con Edda, un disco interamente incentrato sull’epica norrena (l’Edda appunto): l’album vedeva contributi anche da parte di altri musicisti, Sigurboði Grétarsson e Florian Baudrain, il primo dei quali è poi rimasto con Hunter per costituire con i nuovi arrivati Hrafnhildur Inga Guðjónsdóttir e Gísli Gunnarsson il quartetto che ha poi dato alle stampe questo Fórnspeki.
Stavolta i Nostri hanno concentrato la propria creatività verso una dimensione ancora più pagana, animista e dedita ad una spiritualità interamente connessa alla Natura. Musicalmente ciò è reso da un neo-folk evocativo, ora solenne ed epico, ora più tribale e ipnotico. I riferimenti sono da ricercarsi in primo luogo nei Wardruna e se vogliamo anche negli Heilung, ma ci sentiamo di nominare tra le possibili fonti di ispirazione anche i Novemthree, certe cose di Osi and the Jupiter e Wolcensmen. I Vévaki giocano molto sull’aspetto emotivo e sul coinvolgimento che la loro musica può generare: gli intrecci delle voci sono perfetti, sposandosi in maniera egregia con i climax partoriti dalle percussioni e dai tappeti sinfonici che si innalzano imperiosi come folate di vento gelido. Alla mente non tardano ad affacciarsi immagini di fitte foreste ammantate di neve, regno di una Natura potente, rigogliosa, libera di esprimersi senza freni nella flora e nella fauna. I Nostri cercano di creare un ponte mistico tra l’ascoltatore e questo reame, invitandolo ad aprire la mente nei confronti di una concezione più animistica e sciamanica in grado di condurre ad uno stato di pace e calma interiori. E proprio su questo aspetto la band si scontra con la principale chiave interpretativa della propria fatica: sono effettivamente in grado di raggiungere il proprio obiettivo, coinvolgendo totalmente l’ascoltatore? La risposta è: in parte, ma tutto dipende dalla sensibilità di chi si pone all’ascolto e dalla sua permeabilità nei confronti di un genere non così immediato. Chi scrive ha avuto qualche tentennamento iniziale prima di lasciarsi conquistare dalla musica dei Vévaki, dovuto principalmente ad una leggera ripetitività di fondo che è stata riscontrata lungo il disco, una caratteristica questa non trovata nelle band citate in apertura. A fronte di pezzi oggettivamente belli e coinvolgenti come “Brynhildarljóð” e “Gestaþáttr” (toccanti come alcuni momenti di Wolcensmen), “Jötnablót” e “Dísablót” (imponenti e perfette per una colonna sonora, come da scuola Wardruna in fin dei conti) o “Heimdalagaldr” (dall’andamento sciamanico tipico dei Novemthree) ce ne sono altri che non riescono a suscitare immagini di eguale potenza ed espressività, finendo per restare solo dei pezzi buoni ma non memorabili.
Ciò detto non possiamo che valutare positivamente l’operato dei Vévaki: al netto di opinioni personali è evidente come quanto fatto dal gruppo in Fórnspeki possa tranquillamente accostarsi ai numi tutelari del genere proposto, non sfigurando e anzi costituendo una valida alternativa: se siete fan soprattutto dei Wardruna non tarderete infatti a farvi ammaliare da questa band. Un plauso a Will Hunter e soci dunque, che sono riusciti a confezionare un disco per nulla ruffiano, intenso e profondo che necessita di tempo per conquistare, ma che ha le potenzialità per incollarsi addosso a chi lo ascolta se questi riesce a carpirne l’essenza interpretativa.
(Season of Mist, 2022)
1. Brynhildarljóð
2. Heimdalagaldr
3. Hreingálknir
4. Jötnablót
5. Griðastaðr
6. Dísablót
7. Gestaþáttr
8. Vitrun
9. Varðloka