L’epopea western degli americani Wayfarer ha inizio nel 2018 con il sontuoso World’s Blood, il disco che di fatto delinea per la prima volta la loro particolare lettura di black metal atmosferico. Due anni dopo è la volta di A Romance With Violence, e i Nostri bissano e anzi aggiungono qualcosa alla loro proposta; il cerchio può dirsi finalmente chiuso, almeno da un punto di vista della maturità stilistica, con questo American Gothic. Il titolo è altisonante ma abbastanza eloquente se si conosce la cifra stilistica della band del Colorado: il Far West e la sua epoca d’oro, che coincide sia con la conquista di territori selvaggi da parte dei bianchi (con il relativo avvento della tecnologia), sia con la progressiva emarginazione dei popoli dei nativi e, allo stesso tempo, distruzione del loro habitat naturale. Questo nuovo lavoro vuole porsi ad introspettiva summa e tragica riflessione di quali siano stati i contrappesi della nascita e sviluppo degli Stati Uniti, attraverso una sintesi delle tematiche e delle atmosfere già elaborate nei due precedenti lavori. Se vogliamo essere più precisi siamo forse più vicini a World’s Blood in quanto a mood generale: si respira lo stesso odore acre di terra, sabbia, polvere da sparo, sudore, sangue e ferro, con un approccio se possibile ancor più disincantato e malinconico.
Da un punto di vista più squisitamente musicale i Wayfarer ci propongono una soluzione già usata in passato: una prima parte più diretta e di impatto, una seconda più “avanguardistica”, dedita all’esplorazione di soluzioni diverse in grado di allargare di botto lo spettro emotivo del gruppo. In questo caso la componente Americana, di Gothic americano appunto, si fa via via sempre più largo nelle trame sonore imbastite dal gruppo diventando poi protagonista sul finale del disco. Il Denver sound e le sue influenze stilistiche, che da sempre hanno serpeggiato tra le note del gruppo del Colorado, hanno finalmente trovato consacrazione in American Gothic, e la presenza di Munly J. Munly sia alla voce in un pezzo sia come protagonista nel video di uno dei singoli è un chiaro segnale di questo sodalizio. Come anticipato si parte violenti e feroci con la doppietta “The Thousand Tombs Of Western Promise” – “The Cattle Thief”, ma già con la successiva “Reaper On The Oilfields” si avverte un netto cambio di passo e di registro con un pezzo ipnotico che si dipana nel suo minutaggio come un’arida e assolata distesa di deserto. Rimane costante un approccio alla melodia superiore a quanto fatto in passato, con riff che si avvicendano vorticosi nei vari pezzi mantenendo costante il filo conduttore di ogni brano. Con “A High Plains Eulogy” si torna a parlare l’amara lingua del deserto: emerge qui con forza tutta l’amara desolazione che pulsa nelle vene del disco, e da qui in poi American Gothic ingrana una marcia in più con due gioielli, “Black Plumes Over God’s Country” e “False Costellation”, che vanno a chiudere in maniera epica, titanica e allo stesso tempo anche desolante e nostalgica un album che lascia di stucco per complessità e forza emotiva.
I Wayfarer hanno uno stile tutto loro, un modo personalissimo di approcciarsi al black metal che li rende assolutamente unici nel panorama musicale. Difficile per loro sbagliare un colpo, soprattutto ora che hanno finalmente trovato un’identità definita e una chiave di volta per esprimere la loro poetica con tutta la forza necessaria. American Gothic è ad oggi il loro lavoro migliore, superando in intensità il già ottimo e seminale (almeno per chi scrive) World’s Blood, un disco in grado di far pensare e di far vivere un vero e proprio film nella mente di chi lo ascolta, un’esperienza sinestesica che vi invitiamo assolutamente a sperimentare.
(Profound Lore Records, 2023)
1. The Thousand Tombs Of Western Promise
2. The Cattle Thief
3. Reaper On The Oilfields
4. To Enter My House Justified
5. A High Plains Eulogy
6. 1934
7. Black Plumes Over God’s Country
8. False Constellation