A volte capita di focalizzarsi su qualcosa, sia esso un film, un paesaggio o un qualche tipo di opera artistica. Nonostante ciò che ci sta davanti non ci impressioni o ci colpisca particolarmente, si rimane lì, impotenti, come se ci fosse un qualche potere sovrannaturale che ci lega senza pietà al nostro carnefice sensoriale. In generi come il doom o lo stoner questo rischio diventa particolarmente alto. Il nuovo disco degli americani Windhand, a nome Grief’s Infernal Power, potrebbe anche essere definito come un disco imperfetto, diversamente semplice o dal valore discutibile.
Nell’arte però tutto può accadere. Le vocals della frontwoman Dorthia Cottrell ammaliano ma in una maniera inspiegabile, soffocando i riflessi dell’ignaro ascoltatore nel buio della propria anima (“Two Urns”). Le chitarre mormorano minacciosamente e graffiano lentamente per poi infierire a sorpresa, lasciando una finale sensazione di piacere come un’iniezione di morfina (“Crypt Key”); in altri momenti indugiano in viaggi spazio/temporali gonfi di allucinogeni (“Forset Clouds”). Gli ultimi trenta minuti del disco vengono divisi in due pesanti monoliti che inchiodano i nostri timpani senza pietà, grazie ad una sezione ritmica che opprime sempre di più, contorcendosi in un mantra mistico/sensuale. Ci si trova al cospetto di un’orgia di suoni e sensazioni viscide e fumose, di cui non ci si riesce a liberare.
Che sia musica geniale o che non lo sia affatto, poco importa. La qualità c’è e la tecnica strumentale pure, qui atta ad insinuarsi nella testa dell’ascoltatore. Rimane solo da premere il tasto play e perdersi nel proprio mondo immaginario. Album spiazzante.
(Relapse Records, 2015)
1. Two Urns
2. Forest Clouds
3. Crypt Key
4. Tanngrisnir
5. Sparrow
6. Hyperion
7. Hesperus
8. Kingfisher
9. Aition