Quello del progressive rock è un mondo strano, specie se si pensa agli ascoltatori, per non parlare poi dei fanatici. Tutt’ora moltissimi musicisti ed appassionati continuano a seguire e ad amare questo genere e non fanno eccezione i norvegesi Wobbler, formatasi nel 1999. Il quintetto nordico torna a far parlare di sé con il quinto disco Dwellers of the Deep che segue di tre anni il precedente From Silence to Somewhere, che fece ottenere al gruppo un enorme successo di pubblico e critica diventando uno dei migliori dischi del primo ventennio del duemila in ambito prog.
Bisogna ritornare per un attimo al discorso iniziale. Il progressive rock (in particolare quello settantiano) è un ambiente totalmente chiuso in sé stesso, incapace di andare oltre determinati paletti (se si escludono le correnti neo-prog melodiche degli anni ’80 e qualche ripresa leggermente più sperimentale nei decenni successivi) e questa band purtroppo ne è uno degli innumerevoli esempi. Tirare in ballo la tecnica, l’esecuzione o chissà quale elemento affine non serve più al giorno d’oggi; il problema grosso del nuovo disco dei Wobbler, e a dirla tutta anche degli altri anche se in maniera meno invasiva, è la totale mancanza di identità. Le quattro tracce presenti sono un tripudio di soluzioni sentite e risentite mille volte con i soliti inserti di hammond, flauti, cori celestiali, duelli chitarra/tastiera, partiture complesse senza esagerare, assolo di chitarra, qualche accenno sinfonico e le classiche ballate insaporite dal folk e dal blues. Non potranno quindi mente gruppi leggendari come Quatermass o Colosseum ma anche Yes, ELP o Jethro Tull e i nostrani PFM; il difetto è che si percepisce una sorta di fastidio perché i musicisti sono capaci a livello di tecnica, eppure non riescono a trovare la loro strada tranne qualche sporadico momento di pazzia (la sclerata finale in “Five Rooms”) o rari attimi di lucidità nella lunghissima “Merry Macabre” talmente piena di cliché che pare il manuale del perfetto prog rocker. I fanatici del genere adoreranno sicuramente anche questo lavoro perché vicino ai loro idoli, ma al giorno d’oggi sarebbe ora di dare una bella passata di spugna e ricominciare da zero perché attaccarsi sempre e solo al passato non porta necessariamente i risultati sperati (gli ultimi lavori degli Opeth sono lì a dimostrarlo). Fare prog è un’arte che pochi riescono a controllare e plasmare a loro piacimento, purtroppo i Wobbler sono eccellenti esecutori ma hanno pochissima creatività che viene fuori in maniera troppo blanda.
In definitiva il disco non è brutto o mal realizzato, ma lascia l’amaro in bocca per il ricalcare troppo i mostri sacri del passato. Non ci troviamo ai livelli di una cover band ma siamo al limite, troppo al limite.
(Karisma Records, 2020)
1. By The Banks
2. Five Rooms
3. Naiad Dreams
4. Merry Macabre